martedì 28 settembre 2021

Parliamo di Formaggio di Capra a latte CRUDO

 Salve a tutti,

finalmente, dopo diversi mesi di interruzione per eventi pubblici a seguito della pandemia, ho avuto il piacere di partecipare ad un evento oramai tradizionale nel mondo dei formaggi, organizzato a BRA -CN.



Parlo ovviamente di CHEESE 2021 dove, seppur in forma ridotta rispetto alle precedenti edizioni,  erano presenti  diversi produttori di formaggio provenienti da tutta Italia e anche dall' estero.

Uno dei temi focali di CHEESE , da alcuni anni a questa parte, sempre sotto la supervisione dell'associazione SLOW FOOD, era per l'ennesima volta  sui formaggi "naturali" a latte crudo per la tutela della "biodiversità".

Una visione sicuramente affascinante, ma che potrebbe rivelarsi sotto certi aspetti , anche di difficile e pericolosa applicazione. 



Non voglio ripetermi sugli aspetti tecnico-scientifici a cui fare riferimento,  e per i quali vi rimando alla lettura del mio precedente post del 2017, 

Link ....sui-formaggi-latte-crudo.html

piuttosto voglio parlarvi di alcune mie recenti esperienze che ho avuto presso diversi produttori di Formaggi di Capra a latte crudo.

Precisiamo intanto che i formaggi a latte crudo sono prodotti con latte che, prima dell’aggiunta del caglio, non è stato riscaldato a più di 40°C ;  è obbligatorio porre in etichetta la dicitura “Fabbricato con latte crudo”.

La produzione di formaggi a latte crudo è un’interessante opportunità per il caseificio di azienda agricola: attualmente infatti  il consumatore percepisce questi formaggi come naturali, sani, tradizionali, senza conservanti o additivi, e legati al territorio. Si tratta spesso di una tipologia di consumatore di nicchia, informato, e disposto anche a riconoscere un prezzo maggiore proprio per il “servizio” che il produttore agricolo svolge. 

Sicuramente nel caso di utilizzo di latte crudo riscontriamo diversi  altri aspetti positivi; 

  • viene preservato  il legame microbiologico con il territorio di origine: viene salvaguardata la  popolazione batterica del latte dell’allevamento, ( questo avviene anche nel caso in cui si utilizzino innesti di fermenti commerciali);
  • si riscontra una miglior attitudine del latte di capra alla coagulazione
  • gli aromi del latte si trasmettono al formaggio (soprattutto per i freschi), e quindi il gusto del formaggio offre un composito bouquet di sensazioni;
  • distinzione del prodotto da azienda agricola da quello industriale.
  • i prodotti a latte crudo godono di ottima reputazione e di comunicazioni positive che inducono cosi ad accettare più facilmente un prezzo di vendita maggiore rispetto a quello industriale.

La scelta di produrre formaggio a latte crudo però non deve derivare solo dal vantaggio economico ma deve essere frutto di un’accurata valutazione del rischio biologico e della certezza che l’azienda sia in grado di controllarlo. 

Infatti produrre formaggi a latte crudo vuol dire diventare allevatori di batteri presenti nel latte crudo: batteri lattici, ma anche di microrganismi alterativi o anticaseari oltre che di batteri patogeni. 

Quindi il processo produttivo deve essere ben conosciuto e monitorato allo scopo di

  • garantire al consumatore la qualità organolettica e la bontà dei formaggi, 
  • garantire la sicurezza alimentare prevista.
Fatta la doverosa premessa, durante alcune mie recenti esperienze di assistenza tecnica  presso alcuni allevatori e trasformatori in formaggi di Capra, ho constatato che in alcune situazioni siamo ancora ben lontani dal poter garantire quanto sopra citato.






In alcune situazioni visitate siamo purtroppo lontani dai principi base di  sicurezza per l'allevamento e benessere animale ( spazi adeguati, pulizia, idonea alimentazione) , errate  progettazioni di idonei locali di trasformazione del latte , con elevata presenza di mosche  sulle attrezzature, spesso adiacenti all'allevamento con lettiera sporca.

Ho visto anche impianti di mungitura  utilizzati da personale senza alcuna formazione specifica e che addirittura parlava esclusivamente la propria lingua di origine ( nord-africana, indiana). Impossibile comprendersi quindi.
Lo stesso personale spesso viene incaricato, oltre che nell'accudire gli animali,  anche per la trasformazione del latte in formaggio, con tutti i propri limiti.

Raramente ho visto queste realtà dotate di un termometro funzionante, figuriamoci di uno strumento per il controllo del pH funzionante. In alcune pur essendone dotate, il personale non era capace di farle funzionare!



Molto importante è infatti la verifica dell’acidificazione del formaggio: il monitoraggio del pH o dell’acidità alla messa in forma e durante la sgocciolatura  del siero (per esempio dopo 2-4-6 ore) consente di avere la certezza che i batteri lattici prevalgano sui contaminanti.

Le normative previste per i formaggi a latte crudo  indicano esclusivamente solo alcuni limiti batteriologici del latte e dei formaggi pronti al consumo, ma  non vengono indicate  stagionature minime da raggiungere, né caratteristiche di pH o aw dei prodotti a latte crudo, né tipologie di formaggi realizzabili ( freschi o stagionati, a pasta dura o a pasta molle etc.).

Si richiede infatti che:
  • Si controlli la presenza di  Listeria monocytogenes in quanto  può entrare in caseificio se non ci si cambia le calzature;
  • Si verifichi la presenza di Salmonella spp.  che deriva dalla contaminazione fecale del latte in mungitura o da parte dell’operatore, che ad esempio , dopo esser andato in bagno, non provvede ad un efficace lavaggio delle mani;
  • Le mastiti in genere subcliniche, possono essere l’origine di Stafilococco coagulasi positivo, ma anche eventuali dermatiti delle mammelle o delle mani dell’operatore ed altre fonti il cavo orale bocca e il naso;
  • I coliformi contaminano il latte per residui di sporco sulle attrezzature o lettiere poco asciutte;
  • Mucor, è presente nell’aria e si sviluppa sui formaggi in caso di scarsa acidificazione, umidità eccessiva della pasta, freddo dei locali di produzione;
Arriviamo poi  anche alla diffusione della pratica di  volersi improvvisare "produttori di lattofermento-lattoinnesto naturale" senza nemmeno aver fatto un'analisi  batteriologica del proprio latte ( specifica dei lattici presenti...non solo della carica totale).
Figuriamoci se qualcuno poi ...verifichi esattamente cosa si sia effettivamente  sviluppato nel suo latto-fermento "naturale"!

Ecco ...in queste realtà vengono spesso prodotti formaggi di latte crudo di Capra.

Dobbiamo quindi chiederci se è  corretto  stimolare i piccoli produttori alla produzione di formaggi con  latte crudo " naturale", senza  che gli operatori  abbiano preventivamente  fatto una corretta formazione  in modo da essere consapevoli dei rischi da controllare ?

In che termini quindi interpretare come la  "biodiversità"  nel formaggio,  debba coincidere con  la "naturalità" ?





Attendo vs commenti.