l'acclamata edizione di CHEESE 2017 appena conclusa a Bra, mi ha dato lo spunto per
poter riprendere l'argomento della " caseificazione dei formaggi a latte crudo".
Ci eravamo lasciati tempo fa con questo post
link https://lattecagliosale.blogspot.it/2015/01/il-latte-crudo-destinato-alla.html
dove avevo trattato gli aspetti di una delle tre fasi principali e cioè quella
dalla fase di “preparazione del latte” destinato alla caseificiazione.
Oggi cercherò di completare argomentando le altre due fasi, molto importanti per la
buona riuscita di un formaggio da latte crudo.
- fase di lavorazione in caldaia
- fase di salatura e maturazione del formaggio
Prima di tutto una doverosa precisazione sul tema "sicurezza alimentare" per questa
tipologia di formaggi. Non è corretto generalizzare sui rischi igienici di TUTTE LE
VARIETA' di FORMAGGI A LATTE CRUDO in quanto esistono diversi gradi di rischio che
si possono incontrare in conseguenza della "tipologia di formaggio" ( freschi a pasta
molle oppure stagionati a pasta dura)
Ciò che ad esempio rende sicuro un formaggio a pasta dura, tipo il Parmigiano-Reggiano
(formaggio a latte crudo per eccellenza), è
- l’effetto sinergico di sistemi enzimatici antimicrobici attivi nel latte crudo,
- la scomparsa dei substrati zuccherini associata alla veloce acidificazione,
- la elevata temperatura cui viene cotta la cagliata,
- la salatura e la progressiva diminuzione dell’attività dell’acqua.
La produzione e la stagionatura dei formaggi deve essere considerata come una
complessa interazione tra molti processi di tipo biochimico, fisico e biologico.
Ogni processo o condizione ha influenza sul comportamento dei batteri presenti
nel formaggio.
" La storia ci racconta delle prime produzioni fatte sin dal XII secolo proprio
di "formaggi a pasta dura" , i quali venivano prodotti con una tecnica ancora attuale e che
consentiva all'epoca di poterli conservare per lungo periodo" .
Diverso invece è il grado di rischio per i " formaggi freschi" e/o "a pasta molle".
Su questo tema, sarebbe stato interessante - durante la kermesse di Bra - sentire il parere
dei vari illustri sostenitori del "formaggio naturale" che mi pare invece si siano limitati ad
evidenziare esclusivamente argomenti sulla ricerca e tutela della " biodiversità"
e sugli "aspetti organolettici " arrivando ad accusare ( erroneamente) persino l'utilizzo
dei fermenti lattici selezionati.
Proseguiamo quindi sull'argomento evidenziando le modalità operative
"molto comuni" adottate durante la caseificazione in un " tipico caseificio di malga"
come ben schematizzato nella tabella seguente:
Fonte Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008 Formaggi a latte crudo senza innesto a breve
stagionatura: linee guida di buona produzione
FASE DI LAVORAZIONE IN CALDAIA
Le possibili fonti di contaminazioni del latte.
E' opportuno considerare da un lato le differenti possibilità di contatto del latte con
materiali, attrezzature e persone, e dall’altro
le condizioni di temperatura, coagulazione del latte e rottura del coagulo/separazione
del siero che, regolando la disponibilità di nutrienti per i microrganismi, influiscono
sulla velocità di crescita microbica, aumentandone l'acidità e la discesa del pH.
Le superfici con cui il latte entra in contatto durante la caseificazione, e che dovrebbero
essere sempre pulite e sanificate, sono:
• sistemi di travaso del latte dal serbatoio di stoccaggio, dall’impianto di mungitura o dalle bacinelle di affioramento (secchi, canale, tubazioni in acciaio/plastica);
• vasche di coagulazione, generalmente di tipo aperto, riscaldate a fuoco diretto di legna e/o gas o per circolazione di vapore in camicia o di acqua in serpentini immersi nel latte;
• attrezzi per l’agitazione del latte (rotelle) e la rottura del coagulo (spannarola, spada, lira, spino);
• strumenti per il controllo di parametri analitici (termometri, dosatore preleva campioni per acidità titolabile, elettrodi per pH);
Altre fonti di possibile contaminazione sono rappresentate da ricaduta di fuligine e/o ceneri nel caso di lavorazioni a fuoco di legna, e da insetti presenti nel locale di lavorazione.
Ci sono poi le contaminazioni trasmesse dalle mani dell'operatore casaro il quale
viene a contatto con latte e/o cagliata sia per la valutazione della consistenza del coagulo,
sia durante la rottura o l’estrazione.
Il suggerimento in questo caso è quindi quello di lavarsi frequentemente le mani, meglio con
acqua tiepida se disponibile, ed in ogni caso ogni volta che si è toccato qualcosa di diverso
prima di toccare nuovamente il latte o la cagliata.
Condizioni che influenzano la crescita microbica nel latte.
La scelta della temperatura del latte per la coagulazione, unitamente a dose e tipo di
caglio, è un fattore fondamentale per la buona riuscita del formaggio in quanto condiziona
- la durata e la qualità della coagulazione,
- l’attitudine della cagliata alla sineresi del siero ed in quanto determina la velocità
di duplicazione dei microrganismi e quindi il loro tasso di crescita.
L’evoluzione della temperatura di latte e cagliata durante la fase di lavorazione in caldaia
dipende dalla quantità di latte presente in caldaia , ed in misura inferiore dal materiale
e dallo spessore della vasca di coagulazione, in funzione della sua conducibilità termica
e della temperatura dell’ambiente dellocale di lavorazione.
" La scelta della temperatura deve quindi considerare la molteplicità degli aspetti e non
limitarsi solamente alla valutazione dell’effetto sulla coagulazione, a maggiore ragione
quando si caseifica latte senza aggiunta di innesto o di fermenti starter"
Temperature di coagulazione del latte nell’ordine di 28-32°C sono consigliate per
formaggi essenzialmente a coagulazione acida, e privilegiano in teoria la crescita di flore
lattiche mesofile, quali i lattococchi.
Valori attorno a 35-38°C sono invece classici delle formaggelle di monte in cui la flora
lattica è rappresentata generalmente da una combinazione di specie mesofile e termofile.
Tutte le temperature sopra indicate favoriscono comunque la crescita di flora
batterica contaminante, alterativa o patogena.
Qualora la flora appartenente a queste tipologie sia presente nel latte, la sua possibilità di
crescita dipenderà dalla competizione con la flora lattica e dalla disponibilità, per un
tempo più o meno lungo, di condizioni di substrato favorevoli (temperatura ottimale, bassa
acidità, abbondanza di nutrienti).
Quando non si utilizzano innesti e/o fermenti starter, l’unico mezzo a disposizione per
selezionare la componente lattica filocasearia - tra la eterogenea flora autoctona del latte
crudo, è una gestione attenta della temperatura in modo tale da consentire una
acidificazione sufficientemente rapida, (mai troppo lenta) come può accadere ad esempio
se la temperatura del formaggio nello stampo, in fase di spurgo, scende eccessivamente.
Suggerisco quindi che il produttore- casaro cerchi di collegare le caratteristiche del
suo formaggio ottimale o di prima scelta, al ciclo termico di produzione, non
lasciando al caso ed alla sola stagione la gestione della temperatura.
Per fare questo è importante che il produttore misuri la temperatura del latte
- al momento dell’addizione del caglio,
- quella della cagliata immediatamente prima della rottura
- ed al momento dell’estrazione.
Altro parametro troppo spesso ancora ignorato nel caseificio artigianale è la misura
dell’acidità del latte in vasca di coagulazione.
L’acidità condiziona, come la temperatura, l’attività del caglio.
Raggiunta la giusta consistenza del coagulo dopo un opportuno tempo di sosta, arriva il
momento della rottura o taglio, che è uno dei momenti fondamentali per la buona riuscita
del formaggio in quanto dalla gestione di tale fase dipenderà il contenuto d’acqua del
formaggio e con essa la ritenzione del lattosio e dei sali minerali.
ma il criterio di base da seguire sarebbe quello di fare in modo che i granuli di cagliata
abbiano la maggiore omogeneità possibile di dimensioni, indipendentemente dalla
grandezza del granulo, che è invece specifica per tipologia di formaggio.
Questo perché in tal modo il contenuto di umidità del singolo granulo sarà mediamente
confrontabile con gli altri riducendo così il rischio di ristagni localizzati di siero e
conseguente acidificazione differenziata e/o fermentazioni anomale localizzate.
Il travaso della cagliata ed il riempimento degli stampi è realizzato secondo pratiche e
tecniche differenti che prevedono l’uso di tele, secchi, mescoli forati o altri attrezzi.
Il riempimento può essere quindi influenzato dall’intervento manuale dell’operatore.
In modo particolare sulla tempistica di riempimento e travaso che, se se troppo lenta,
può causare difformità delle caratterisrtiche tra una forma e l'altra pur trattandosi della
medesima lavorazione.
La scelta del tipo di formato (e quindi del rapporto tra scalzo e faccia, ovvero del rapporto
tra superficie e volume) è inoltre determinante non solo per l'aspetto estetico e la
presentazione finale del formaggio, ma soprattutto perché la forma influenza in modo
determinante, in una prima fase, la velocità di raffreddamento della cagliata e la superficie
disponibile per lo spurgo del siero e successivamente, durante la maturazione del formaggio
stesso, del proprio grado di asciugatura.
La scelta invece di produrre formaggi monoporzione o comunque di ridotta pezzatura,
tipica del caseificio caprino e del settore dei formaggi con coagulazione ad indirizzo
prevalentemente lattico, di fatto rende impossibile la separazione della crosta ed il
formaggio diventa quindi 100% edibile.
Dalla scelta della pezzatura (anche se non solo da questo) deriva quindi anche la scelta
sull’edibilità della crosta e, sulla base di questa opzione, dovranno essere messi in campo
gli opportuni accorgimenti in termini di prevenzione, pratiche produttive.
Controllo della temperatura del formaggio in fase di spurgo e velocità di acidificazione
Per ridurre la variabilità della fermentazione lattica, il principale sistema di controllo a
disposizione del produttore- casaro nel momento in cui la cagliata è nello stampo,
è ancora quello di gestire al meglio l’evoluzione della temperatura.
Molto utile sarebbe anche quello di avere a disposizione uno strumento di controllo
del pH ( phmetro).
Consigliabile quindi seguire il più possibile il ciclo termico “ideale” e soprattutto accertarsi
che tutte le forme prodotte seguano il medesimo ciclo termico con la minor variabilità
possibile.
La problematica è quindi di duplice natura:
1. individuare e realizzare il ciclo termico più opportuno per la tipologia di formaggio
2. ridurre la variabilità tra le forme predisponendo opportuni sistemi di stufatura.
Fonte Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008 Formaggi a latte crudo senza innesto a breve
stagionatura: linee guida di buona produzione
Come evidenziato dai dati in Tabella sopra , sono state comparate le velocità di acidificazione di cagliate mantenute a differenti temperature, ottenute senza impiego di innesto starter o mediante impiego di un innesto starter di streptococchi termofili.
Si noti come con il crescere del valore di temperatura aumenta la velocità della fermentazione da parte dei batteri lattici termofili, diminuendo di conseguenza il tempo necessario per raggiungere il valore di ph 5,3
In tal modo viene condizionata anche la crescita di E. coli e stafilococchi coagulasi
positivi eventualmente presenti nella cagliata come evidenziato dall tabella sotto.
Fonte Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008 Formaggi a latte crudo senza innesto a breve
stagionatura: linee guida di buona produzione
Poiché una corretta fermentazione lattica è comunque fondamentale per ridurre i difetti del
formaggio, il consiglio è quello di mantenere la temperatura della cagliata in stufatura
quanto più prossima alle condizioni ottimali di crescita della microflora lattica (termofila o
mesofila) che si prevede caratterizzerà il profilo fermentativo del formaggio.
Il mancato controllo della temperatura, ovvero il lasciare al caso questa fase del
processo, significa quindi non solo rischiare sull'aspetto igienico-sanitario,
ma anche compromettere il risultato e la qualità del formaggio prodotto.
Nelle aziende ove è disponibile il vapore, il controllo della temperatura della cagliata in
stufatura può essere realizzato con tecnologie tradizionali sfruttando la vecchia pratica dei
"cassoni con insufflazione di vapore" , tuttora in uso in alcune aziende del Pecorino ma non
solo, che di fatto hanno ripreso - modernizzandola - l’antica pratica dei cassoni di legno in
uso ad inizio 1900 e usata per la produzione della lombarda Crescenza ed ancora in uso
in qualche piccola azienda.
Ove non sia disponibile una sorgente di calore umido (in questa fase non si deve far fare
crosta alla cagliata per evitare di complicare i fenomeni di spurgo e di successiva salatura
e quindi serve un’elevata umidità relativa dell’ambiente) occorre cercare di preservare al
meglio il calore disponibile, riducendone la dispersione. ( es con teli plastica puliti).
La pratica tradizionale di usare tavoli di acciaio e/o legno e di coprire gli stampi con telo di
plastica rappresenta un tentativo di contrastare il raffreddamento precoce del formaggio in
fase di spurgo che ha comunque una limitata efficienza.
Uso di innesti e/o colture starter di fermenti lattici selezionati
Una riflessione attenta andrebbe fatta quindi sul rapporto “danno/beneficio” associabile
all’uso dell’innesto di fermenti lattici e tale riflessione non dovrebbe essere solo
"ideologica", basata quindi sulla difesa astratta della tradizione o del progresso,
ma concretamente calata sul loro apporto per il raggiungimento delle caratteristiche attese
di ciascun formaggio, ovvero sulla sua definizione di qualità.
L’uso di uno starter che garantisca il regolare svolgimento della fermentazione lattica,
in una caseificazione con latte crudo, è sicuramente uno strumento di riduzione del rischio
dei difetti sopra citati e di eventuali contaminazioni.
Tuttavia l’uso dell’innesto di fermenti non rappresenta una garanzia di eliminazione dei
rischi in quanto dipende dalla scelta del tipo di innesto e delle sue modalità d’uso.
In linea generale , colui che produce formaggi a latte crudo è portato a pensare che
l’innesto dovrebbe avere un ruolo soprattutto acidificante con l’interazione minima nei
confronti della proteolisi e della formazione dell’aroma del formaggio, lasciando quindi tale
ruolo alla flora autoctona del latte crudo.
Ci sono invece alcuni casari che intendono utilizzare esclusivamente colture specifiche
"autoctone" difficilmente reperibili in commercio, e che, se autoprodotte, possono avere
anche grandi variabilità di performance e attività. Problema di non-facile soluzione quindi.
Consiglio invece a coloro che intendono auto-prodursi lattoinnesto e/o sieroinnesto
di valutare molto attentamente la qualità del latte di partenza ( carica batterica con ricerca
di batteri lattici filo-caseari e presenza di contaminanti) da cui si dovrà sviluppare le colture
lattiche e di documentarsi attentamente sulle corrette modalità senza sottovalutare i rischi
di possibile insuccesso.
FASE DI SALATURA-STAGIONATURA DEL FORMAGGIO
La salatura, sia essa effettuata a secco o in salamoia, è un classico punto di possibile
ricontaminazione superficiale del formaggio, mentre la presenza di NaCl nella pasta,
riducendo la disponibilità di acqua, espressa come Aw ( acqua libera) ,
può svolgere un effetto di tipo batteriostatico verso alcune microflore,
anche se non verso quelle cosiddette specie " alofile" , ovvero capaci di crescere
anche in presenza di elevate quantità di NaCl .
I batteri lattici, come i contaminanti e i patogeni hanno una sensibilità molto diversa alla
presenza di sale : in ogni caso, anche nel caso di batteri quali E. coli , il reale effetto
batteriostatico deve fare i conti con le tecniche e le condizioni di salatura ed i meccanismi
di diffusione del sale dalla crosta al cuore del formaggio.
Rispetto all'argomento stagionatura invece , nelle condizioni tipiche dei formaggi freschi,
ovvero con durata limitata ed a temperatura inferiore a 10°C, non appare essere un
elemento importante che possa generare dei rischi di sicurezza alimentare.
Attenzione però che anche nei locali di stagionatura va ribadita
l’importanza del mantenimento dell’igiene di tutte le superfici a contatto i formaggi
attraverso un idoneo piano di detergenza.
E' stato verificato infatti che la stagionatura a + 4°C per un tempo di 30 giorni non
rappresenta una condizione sufficiente per indurre alla mortalità importante di biotipi
tossinogeni di E. coli (O157:H7, EPEC e EIEC).
Fonte Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008 Formaggi a latte crudo senza innesto a breve
stagionatura: linee guida di buona produzione
temperatura, l’uso di acciaio o di altri materiali di più agevole lavabilità, non comporta
infatti il rischio di rallentare la fermentazione lattica e quindi non rappresenta più un
ostacolo.
Tuttavia, se le caratteristiche del formaggio sono tali per cui esso spurga ancora siero,
occorre considerare che i materiali impermeabili (acciaio, plastica non forata) sono
" preferibili" rispetto al tradizionale legno, il quale può invece “assorbire”
un eccesso di umidità, favorendo così ristagni di siero tra l'asse e il formaggio.
Diverso invece per i formaggi a pasta dura, dove la temperatura e umidità non idonee del
locale , non compromettono dal punto di vista prettamente microbiogico
( i magazzini del Formaggio tipo Grana vengono mantenuti anche a +18°C)
ma condizioni inidonee possono rovinare l'aspetto organoettico generando anche delle
spaccature della crosta con conseguente infiltrazioni di acari o muffa all'interno.
.
Si consiglia infine una corretta gestione del magazzino di stagionatura in quanto così
facendo si possono ridurre o addirittura evitare tali fenomeni, tanto più si aumenta la
frequenza dei rivoltamenti dei formaggi e quella dei lavaggi dei supporti.
****************
Concludo infine con una mia replica ai vari " casari-filosofi" che mi è capitato talvolta di
incontrare e che vedono l'uso dei fermenti lattici selezionati come un "allarme della
qualità dei formaggi" oltre a considerare il ruolo del tecnico - rappresentante di fermenti
come un " approfittatore" di situazioni problematiche.
Ecco ....a coloro mi rivolgo con un'aforisma che trovo azzeccatissmo...
Non è bene cercare di fermare il progresso della conoscenza. L’ignoranza non è mai meglio della conoscenza.(Enrico Fermi)
Alla prossima.
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