lunedì 28 dicembre 2015

I difetti dei formaggi

Salve a tutti, 

nell'ambito delle mie esperienze lavorative, mi ritrovo spesso a cercare di trovare soluzioni per arginare  i cosiddetti "difetti dei formaggi". 




Frequentemente la presenza di difetti è più probabile in un formaggio artigianale, mentre raramente vengono riscontrati in un formaggio industriale 
( anche se alcuni definiscono difetto da aggiungere a quelli “classici” la banalità, la piattezza del gusto).

Alcuni "difetti" li potremmo definire "tollerati": ad esempio nel formaggio artigianale non pretenderemo l’uniformità, l’invariabilità delle caratteristiche, accettando qualche oscillazione del livello qualitativo senza però  tollerare i difetti " gravi".

 I difetti " gravi" dei formaggi  si possono dividere in tre tipi: 

1) difetti di crosta o di superficie (nei formaggi molli senza crosta) rilevabili all’esame visivo e senza dover tagliare la forma, 

2) difetti di struttura (o della pasta) rilevabili, all'esame visivo e tattile, tagliando la forma, 

3) difetti di aroma e sapore rilevabili solo con l’esame gustativo. 


Alcuni difetti sono  poi classificabili come 
“assoluti”, tali indipendentemente dalle caratteristiche del formaggio (amaro, eccesso di sale, fessurazioni, infestazione con acari e larve di insetti),
altri sono invece "relativi" alle caratteristiche del formaggio,  come ad es.  è normale la presenza di muffe all’interno della pasta per gli erborinati, oppure i grandi occhi derivati dalla fermentazione propionica  sono normali nell’Emmentaler, come anche l’occhiatura diffusa è normale nel Pannerone.

Il produttore di formaggi “evoluto” deve essere quindi in grado di conoscere anche la diversa gravità dei difetti in modo da valutare se il formaggio può essere consumato  o meno.

Entriamo  quindi maggiormente nel dettaglio dei difetti "assoluti"  e vediamo di capirne le possibili cause.

L’amaro del formaggio rappresenta sempre un difetto anche se la percezione dell’amaro è in parte soggettiva, con soglie di percezione variabili, senza contare che taluni non disdegnano una “punta” di amaro. Questo difetto deriva principalmente dall’accumulo di peptidi (molecole più piccole derivate dalla scissione delle proteine) amari formati dall’azione di enzimi proteolitici sulle caseine. La caseina di per sé non è una proteina “amara” ma a seguito della scissione enzimatica può liberare numerosi peptidi, tra i quali alcuni risultano di sapore amaro. 
Tra i difetti del formaggio l’amaro è uno dei più seri e può interessare tutte le tipologie casearie. Anche l’alimentazione del bestiame, oltre al tipo di caglio ( Vitello o microbico) e alle contaminazioni microbiche, può determinare l’insorgere di sapore amaro. Nel caso dell'alimentazione del bestiame, teniamo presente che alcune piante della famiglia delle brassicaceae (rapa) sono causa di sapori amari. 

Gli enzimi proteolitici sono prodotti dai batteri psicrotrofi che possono favorire l’insorgere dell'amaro. Questa circostanza spiega il nesso tra la diffusione della refrigerazione del latte alla stalla e una maggior incidenza del difetto. 
Lo stesso latte-innesto (anche con l'aggiunta di microrganismi selezionati) può essere anch’esso causa di insorgenza di amaro in relazione all’apporto di alcuni batteri lattici del tipo dei lattococchi. 
Consideriamo infine la contaminazione del latte con batteri di origine fecale quali i coliformi e gli enterococchi possono contribuire al sapore amaro dei formaggi.

Fortunatamente tra i batteri lattici presenti normalmente nel latte o aggiunti con le "colture selezionate"  ci sono alcuni  che sono in grado di degradare, mediante gli enzimi da essi prodotti, anche i peptidi amari. 
Può pertanto anche accadere che lo stesso formaggio risulti inizialmente "difettoso", mentre  dopo un ulteriore periodo di stagionatura  possa aver perso il difetto amaro. 

Il Gonfiore precoce ( entro 24-48 ore)  è un difetto di origine microbica causato dalla presenza elevata nel latte di batteri coliformi (Aerobacter aerogenes ed Escherichia coli) ma a volte anche batteri lattici eterofermentanti in eccesso e lieviti i quali fermentano il lattosio producendo principalmente acido lattico, anidride carbonica ed idrogeno. 
Si presenta entro pochi giorni dalla lavorazione, interessa la pasta con la presenza molto fitta di piccole “occhiature” e le forme, dall’esterno, appaiono rigonfiate. Anche il sapore può tendere all’amaro e l’andamento anomalo delle fermentazioni può anche determinare odori sgradevoli per formazione di composti volatili. 
La causa è legata a fattori di contaminazione batterica (latte inquinato con feci, acqua utilizzata nel caseificio inquinata, utilizzo di attrezzature non lavate correttamente). 


Il Gonfiore tardivo invece è un grave difetto che porta anche alla “spaccatura” delle forme di formaggi  di tipologia duri e semiduri.
Non vengono coinvolti in questa problematica i formaggi a breve stagionatura. 
All’interno delle forme compaiono ampie cavità mentre all’esterno le forme se non si spaccano, appaiono fortemente rigonfiate.



La causa è da ricondurre alla elevata presenza nel latte utilizzato di spore di Clostridi (Clostridium tyrobutyricum e Clostridium butyricum), batteri anaerobici che riprendono l’attività vegetativa anche dopo mesi dalla produzione del formaggio fermentando il lattato di calcio e producendo anidride carbonica (CO2), acido acetico, acido butirrico e idrogeno. 
Ne consegue un aroma alterato (verso il rancido) e un odore sgradevole di acido acetico e butirrico. La pasta è meno consistente e più elastica rispetto al formaggio privo di difetti. L'origine della contaminazione da "spore" va ricercata a partire dall'alimentazione delle bovine e dalle loro condizioni in allevamento. Particolare attenzione va quindi posta all’utilizzo di insilati (e fasciati), alla loro cattiva conservazione, oltre alla contaminazione del latte con feci e foraggi.
Per cercare di ovviare a questo grave difetto  si tende ad eliminare insilati e fasciati dalla razione della bovina oppure aggiungendo al latte in lavorazione degli antifermentativi (es. nel Grana il Lisozima da proteina dell’uovo). 

Spaccature e fessurazioni della crosta 
Questo difetto compromette la conservazione e la presentazione del formaggio. È un difetto di origine tecnologica che si origina nel corso della stagionatura. Le forme colpite presentano screpolature sulla crosta e/o spaccature superficiali visibili, profonde 2-3 cm che possono riguardare anche la pasta del formaggio. Si manifesta normalmente in formaggi duri (o a pasta cotta) e semiduri (o a pasta semicotta) a media e a lenta stagionatura. 




Le cause vanno ricercate principalmente in una eccessiva demineralizzazione della cagliata che la rende poco elastica. Una circostanza dovuta a latte troppo acido in partenza o a una  eccessiva acidificazione in lavorazione così come anche una dose di caglio eccessiva. 
La causa può derivare però anche  dalle condizioni dei locali di stagionatura e conservazione con temperature e umidità non idonee (l’alta temperatura di stufatura provoca un eccesso di spurgo). La disidratazione troppo veloce della superficie del formaggio , così come l'umidità troppo bassa della cantina e la presenza di correnti d’aria, dissecca la parte superficiale del formaggio, formando precocemente la crosta ed impedendo quindi la graduale perdita di acqua dall’interno della pasta. 

Infestazione causata da acari (Tyrophagus ssp.) riducono i formaggi in una polvere rosso-grigiastra. In questa polvere si ritrovano, oltre ai frammenti di formaggio, anche gli escrementi e le spoglie dei parassiti. 




Si manifesta normalmente in formaggi duri (o a pasta cotta) e semiduri (o a pasta semicotta) a media e a lenta stagionatura. Gli acari si sviluppano sia sulla crosta che all’interno del formaggio penetrando dalle fessurazioni. 
Causano una elevata perdita di peso del formaggio stesso. 
Il problema è legato alla pulizia delle assi e dei locali di stagionatura. 

Infestazione da Mosca è una infestazione causata da un insetto alato (dittero), ovvero una mosca che prende il nome di Piophila casei. 
Il formaggio infestato presenta dei fori a livello di crosta ed un aspetto cremoso all’interno, dovuto all’azione fortemente proteolitica svolta dalle larve dell’insetto che, annidandosi nel prodotto, rendono molle la pasta del formaggio che assume sapore intenso e molto piccante. Il ciclo del parassita è breve, le larve impupano sviluppando nuove mosche. Il difetto si manifesta normalmente in formaggi duri (o a pasta cotta) e semiduri (o a pasta semicotta) a media e a lunga stagionatura. La mosca si sviluppa sia sulla crosta che all’interno del formaggio.



Erroneamente alcuni consumatori apprezzano il formaggio con i “saltarelli” (detto anche “formaggio che cammina”).
In alcune zone viene addirittura considerato come specialità locale.
Consideriamo però che se le larve dovessero essere ingerite vive, provviste di apparato boccale uncinato,  possono ulcerare la mucosa gastrica. Per questo motivo è vietata la vendita del formaggio infestato dal parassita. Il problema si può arginare applicando opportunamente  reti anti-mosche a porte e finestre e praticando opportuni trattamenti nei locali di lavorazione e stagionatura.

Terminiamo quindi  nel dettaglio con i difetti "relativi"  e vediamo di capirne le possibili cause.

Formazione di Muffe 
Escludendo le cosiddette la presenza di muffe selezionate ( es Penicillium Roqueforti, oppure Penicillium Candidum ) che sono invece desiderate nei formaggi "erborinati" e/ o a crosta fiorita, se rimangono all’esterno del formaggio, le altre tipologie di muffe non sono quasi mai dannose e possono facilmente essere eliminate con il lavaggio periodico delle croste con acqua e sale, o anche con l’oliatura e la raschiatura delle forme. 




Se però, le muffe penetrano all’interno della pasta a causa di bolle d’aria della pasta o screpolature o rotture della crosta, si può deterninare un grave danneggiamento aggravato dell’azione degli acari che si nutrono delle muffe e che penetrano nelle cavità dove esse sono presenti.
All'origine del problema muffe vi è l’eccessiva umidità (scarsa areazione) dei locali di maturazione e conservazione, oppure la scarsa pulizia delle assi e dei locali.
Provocano un grave deprezzamento del formaggio, attraverso i loro enzimi - o favorendo l’azione di quelli naturalmente presenti nella pasta (neutralizzazione dell’acidità dell’ambiente) - provocano un’accentuata proteolisi che ne determina il rammollimento della forma. 
Considerate infine che le muffe "indesiderate" alterano  l’odore e il gusto del formaggio (sgradevole di ammuffito).

La Gessatura della pasta è un difetto di origine tecnologica determinato da differenti cause. La pasta del formaggio assume un aspetto friabile di colore troppo chiaro e dal sapore acido. 
Si manifesta normalmente in formaggi molli e a pasta filata fresca, ma riguarda anche i formaggi duri e semiduri a media e a lenta stagionatura. 
Il difetto risulta evidente nel corso della stagionatura del prodotto, in particolare durante la fermentazione (acidificazione eccessiva) evidenziando mancanza di elasticità e coesione della pasta.




Nel caso di alcuni formaggi però la gessatura al centro ( cuore) del formaggio non rappresenta un difetto (es. Quartirolo, Stracchino all’antica) mentre è persino un pregio della Toma del Lait brusc piemontese. 
Il difetto è legato a latte troppo povero di grasso, all’eccessiva acidità del latte di partenza, alla forte acidificazione della pasta, all’uso di eccesso di fermenti selezionati o di siero-innesto, alla cottura della cagliata a temperatura troppo elevata, alla rottura troppo rapida della cagliata, allo spurgo eccessivo o a temperatura troppo elevata, all’eccesso di sale.

La Colatura (Stracchinaggio) con rottura della crosta e fuoriuscita della pasta interna, molle (in quanto molto proteolizzata) e ricca di siero, può avvenire durante la maturazione. 

Un difetto dovuto all’ uso di caglio con troppa pepsina (azione proteolitica troppo spinta), spurgo insufficiente del siero (che provoca la continuazione della fermentazione causando proteolisi accentuata) oppure anche da una rottura troppo grossolana della cagliata e/o a temperature troppo basse nei locali di stufatura
La colatura risulta invece "desiderata" nel caso di formaggio fresco tipico romagnolo, lo "Squacquerone".

L’occhiatura non è un difetto quando , uniformemente distribuita nella pasta, in generale piccola  e regolare . 
Fa eccezione l'Emmental ( e similiari) dove l'occhiatura desiderata è generata da Propionibacterium freudenreichii
Per assurdo viene considerato formaggio "difettoso" quello con assenza di occhiatura tipica in quanto tale situazione comporta l’appiattimento del gusto per riduzione delle attività fermentative (senza fermentazioni non si producono composti aromatici). 




Altro difetto abbastanza grave di occhiatura è rappresentato dalla presenza di una occhiatura fine, uniforme ma molto diffusa. La pasta non è omogenea e ciò è avvertito durante la masticazione. Il gusto è alterato dai prodotti delle fermentazioni (in particolare acido propionico). 
Le cause sono da cercare principalmente nella scarsa qualità igienica del latte di partenza (presenza di batteri coliformi) e da una scarsa attenzione allo spurgo della cagliata. 

Colori anomali della crosta sono attribuibili a batteri del genere Pseudomonas contaminanti l’acqua utilizzata per il lavaggio delle attrezzature (blu, come nei noti casi a carico di mozzarelle, verde-blu, rossa) o a cocchi pigmentanti che causano una colorazione rossa e provengono dalla contaminazione del sale marino utilizzato. 
Sempre sulla crosta possiamo trovare una serie di batteri che causano colorazioni nere-grigiastre Cladosporum herbarum (anche all’interno del formaggio), Batterium denigras, Bacillus mesentericus e muffe (Monilia nigra). La pasta può assumere colore verde-azzurro per presenza di muffe Penicillium glaucum o roqueforti (normali negli erborinati) e dal rame proveniente dal latte rimasto in contatto con contenitori o utensili mal stagnati (dopo il taglio è visibile soprattutto l’azzurro). 
La colorazione biancastra è legata a una salagione scorretta, e non uniforme o a salamoia troppo fredda o a una rottura non omogenea della cagliata che produce una venatura simile al marmo ( formaggio marmorizzato). La colorazione rossa o rossastra della pasta è dovuta a presenza micrococchi e ifomiceti (sapore inalterato) o a Streptococcus faecalis. 
Il difetto si evita rinnovando la salamoia o pastorizzandola, migliorando l’areazione dei locali, pulendo i formaggi, curando la qualità dell’acqua (metalli, Pseudomonas). 

Unghia.
Nel gergo caseario l’ “unghia” è una crosta eccessivamente spessa e secca. La crosta assume colore grigio risultando poco aromatica mentre il sottocrosta è eccessivamente salato. Il difetto è causato da un eccessiva salatura, dall'areazione eccessiva dei locali che disidrata troppo rapidamente la crosta, dalle elevate temperature che provocano un eccesso di trasudazione del grasso. 
Va ricordato che un’unghia spessa, accompagnata da una crosta dalla superficie molto irregolare (che, comunque determina uno scarto elevato se non viene consumata), oltre alla presenza di muffe policrome derivano anche dalla trascuratezza di cure del formaggio in stagionatura.

Sfoglia.
Si definisce difetto di sfoglia, quando la pasta all’interno del formaggio presenta fessurazioni parallele. E’ legato ad una pasta troppo disidratata e demineralizzata (poco elastica). Le cause sono da ricercare nell’eccessiva acidità del latte di partenza o ad una eccessiva acidificazione della pasta, ad eccesso di caglio, ad una coagulazione veloce, ad eccesso di spurgo, a salatura troppo prolungata, a correnti d’aria e variazioni di temperatura nei locali di stagionatura.


Resto disponibile ad approfondire eventuali problematiche.

Alla prossima.

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Risposta al commento di Chiara Talia

Grazie dei complimenti Chiara! L'idea di scrivere su questo blog era stata inizialmente limitata dal fatto di  condividere esperienze e informazioni tra "appassionati" del settore. Scopro invece sempre più frequentemente l'interesse da parte di studenti e sono ben lieto di poter contribuire alle loro necessità di informazione. In bocca al lupo per l'esame!


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Risposta al commento di Lorenzo Reali

Grazie per l'interesse. La colorazione rossa o rossastra della pasta è dovuta alla presenza micrococchi e ifomiceti  o a Streptococcus faecalis. La contaminazione solitamente proviene dalla salamoia o dal sale utilizzato di scarsa qualità.

sabato 19 dicembre 2015

A tutto Burro....



Salve a tutti,

riporto di seguito un'interessante articolo redatto da IL LATTE ( Tecniche nuove)

link http://www.lattenews.it/a-tutto-burro/


Secondo la Commissione europea (fonte: rapporto “Prospettive per i mercati e il reddito agricoli Ue nel 2015-2025”, dicembre 2015), l’aumento della produzione di latte e di SMP     ( Latte scremato in polvere)
si tradurrà in una maggiore produzione di BURRO per 2,6 milioni di tonnellate entro il 2025 (+12% rispetto al 2015). 
Tuttavia, mentre in passato la valorizzazione di tale materia grassa era considerata un peso, recentemente si è verificata un’inversione di tendenza nell’Ue e nel mondo, tanto che negli USA i prezzi del burro sono saliti alle stelle nel 2014 e nel 2015. 
Il mercato europeo è guidato per lo più dai consumi interni e, infatti, la rilevanza dell’export comunitario si è inesorabilmente affievolita nel tempo (rappresentava il 15% della produzione nel 2005, quando erano stati concessi i sussidi alle esportazioni, e quest’anno si attesterà al 6%, percentuale che dovrebbe rimanere stabile nel periodo di proiezione).Le vendite al dettaglio di BURRO sono aumentate di quasi il 20% negli ultimi 10 anni, soppiantando margarina e oli di semi/vegetali nelle preferenze dei consumatori, e un’analoga tendenza ha interessato anche la panna. 
Più rilevante anche l'uso industriale di BURRO (pari a circa il 40% del consumo totale di burro) soprattutto per la produzione di BVP (Bread Viennoiserie Patisserie) e biscotti, che ne assorbono quasi la metà, e in misura minore anche per “processed cheese” e cioccolato. 

Sull’onda delle preoccupazioni espresse da alcuni Stati membri in merito alla sostenibilità e salubrità dell’olio di palma, l'etichettatura obbligatoria dei grassi potrebbe portare l’industria alimentare a preferire il burro all’olio di palma per alcuni prodotti. 


Pertanto, per il consumo di burro UE si prevede una crescita del 9% nel periodo 2015-2025, sino al livello di 4,6 kg pro capite. La crescita dovrebbe essere più celere nella Ue-N13, ma non sufficiente a colmare il divario: nel 2025 il consumo pro capite in tali Stati Membri raggiungerà i 3,9 kg pro capite, 1 kg in meno dell’Ue-15.
Le esportazioni di burro del 2015 dovrebbero riservare soddisfazioni, secondo la Commissione, con un volume di circa 150.000 tonnellate (+13% sul 2014). 

Tra gennaio e settembre, in particolare, sono raddoppiate le esportazioni di BURRO verso gli Stati Uniti anno su anno e un rialzo si è verificato anche in quelle dirette in Medio Oriente e Cina. Tali risultati sono imputabili alla consistente offerta comunitaria, alla domanda statunitense, alla debole presenza degli USA sul mercato mondiale e a un euro competitivo rispetto al dollaro. 
Nel periodo 2015-2025, gli Stati Uniti dovrebbero riprendere le esportazioni in grande stile ma senza minacciare il primato della Nuova Zelanda che controlla poco meno del 50% del commercio mondiale. Le esportazioni dell'UE dovrebbero attestarsi a 210.000 t.
Analogamente a quanto accaduto per il latte scremato in polvere, un regime di aiuto all'ammasso privato è stato avviato nel settembre 2014. Nonostante gli ingenti quantitativi del regime (quasi 135.000 tonnellate nel 2015), le scorte di fine anno non dovrebbero essere molto maggiori di quelle registrate nel 2014 (+10.000 t) e probabilmente saranno esaurite nel corso del 2016. Non è stato offerto burro al regime di intervento.


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Intanto prepariamoci alle prossime festività cercando di degustare una fetta di un buon Panettone / Pandoro ( fatto con dell'ottimo burro!)

Alla prossima!



sabato 21 novembre 2015

Che cosa significa “naturale” nell'etichettatura dei prodotti alimentari?

Salve a tutti,

periodicamente si torna a discutere dei termini utilizzati in etichetta sui prodotti alimentari.
Prendo spunto da un articolo pubblicato dalla redazione Lattenews ( Tecniche nuove)

Considerando i cambiamenti avvenuti nei processi e negli ingredienti alimentari, e rispondendo ai consumatori che avevano chiesto alla FDA stessa di chiarire l'uso del termine "naturale", l'agenzia americana sta chiedendo loro di fornire informazioni e commentare l'uso di questo termine nell'etichettatura dei prodotti alimentari destinati all'alimentazione umana.
L’ente americano ha infatti ricevuto tre petizioni che chiedono all'agenzia di definire il termine "naturale" quando compare in un’etichetta; una petizione che ne chiede addirittura il divieto d'uso.
Anche alcuni tribunali federali statunitensi, a seguito di controversie tra privati, hanno chiesto all’FDA pareri in merito al fatto se possano essere etichettati come "naturali" alimenti contenenti sciroppo di fruttosio o ingredienti ottenuti tramite ingegneria genetica.
Anche se attualmente non sta lavorando a una definizione formale di "naturale", l’agenzia vanta una politica consolidata per quanto riguarda l'uso di "naturale" nell'etichettatura alimentare.
La FDA ritiene che il termine "naturale" significhi che non sia impiegato o aggiunto a un alimento nulla di artificiale o sintetico (compresi i coloranti, indipendentemente dalla fonte) che normalmente non ci si aspetta di ritrovare in tale cibo. 
Tuttavia, questa linea non considera i metodi impiegati nella produzione alimentare, come per esempio l'uso di pesticidi, né i processi di trasformazione degli alimenti, come le tecnologie termiche, la pastorizzazione o irradiazione. La FDA non ha neppure considerato se il termine "naturale" debba descrivere un qualsivoglia beneficio nutrizionale o di altro tipo.
Alla luce di queste considerazioni, la FDA ha sollecitato opinioni e commenti su questioni quali:
  • è opportuno definire il termine "naturale"?;
  • nel caso in cui la domanda al primo punto sia positiva, come l'agenzia dovrebbe definire "naturale"?;
  • Come l'agenzia dovrebbe definire un uso proprio del termine sulle etichette dei prodotti alimentari?
Voi cosa ne pensate?

Alla prossima.

martedì 29 settembre 2015

Formaggio CASTELMAGNO protagonista al "Cheese" di Bra

Salve a tutti,

torno a scrivere per raccontarvi la mia esperienza vissuta recentemente in occasione della manifestazione internazionale di settore. Ogni due anni i "Formaggi" di tutto il mondo sono protagonisti a Bra (Cuneo) durante “Cheese”. 




L’evento - promosso da Slow Food assieme alla città piemontese - ha celebrato il formaggio come prodotto alla base dell’alimentazione con  le sue molteplici lavorazioni. 
Focus di quest’anno è stato il ruolo della montagna e degli alpeggi con incontri e storie di chi vive tra le vette. 




Non sono mancate  poi le degustazioni guidate e i laboratori.
Tra le proposte anche un evento pensato per gli under 30, alla scoperta degli abbinamenti tra formaggi e birre artigianali.






Nell'occasione ho avuto modo di incontrare "amici casari" con i loro formaggi e le loro specialità.




Tra i vari formaggi ho avuto modo di approfondire le mie conoscenze su uno dei formaggi considerato da tanti  il "Re"  dei formaggi d'alpeggio.
Mi riferisco appunto del formaggio  Castelmagno d'Alpeggio DOP.



Il Castelmagno DOP è un formaggio italiano a denominazione di origine protetta, prodotto nel territorio dei comuni di CastelmagnoPradleves e Monterosso Grana.

link http://www.consorziocastelmagnodop.it/index.php/home

Si tratta di un formaggio semigrasso, pressato,  a pasta semidura, spesso erborinata, prodotto in forme cilindriche con diametro fra i quindici ed i venticinque centimetri, con scalzo fra i dodici ed i venti cm. di  peso compreso tra i due ed i sette chilogrammi. La crosta, piuttosto fine, è giallo-brunastra, con varianti più scure a seconda della stagionatura, mentre la pasta è di color bianco o tendente al giallognolo, giallo oro se stagionata,in molti casi  con  venature verdi dovute all'erborinatura spontanea.


È prodotto principalmente con latte vaccino prodotto di due mungiture consecutive (serale, lasciata affiorare e mattutina), talvolta addizionato con latte caprino od ovino in percentuale non superiore al 20%.
Il latte viene portato ad una temperatura variabile tra i 35° ed i 38°, procedendo così all'addizione di caglio di vitello. 
Dopo la rottura della cagliata, si procede alla estrazione in "fagotti" (risola) ,che si lasciano sgrondare appesi per 12-24 ore. 
Terminata questa prima fase, i fagotti vengono messi nuovamente a fermentare nel siero per 2-3 giorni; si effettua quindi la rottura delle forme, che vengono reimpastate con del sale, poste in fascere tonde provviste di tela, quindi nuovamente pressate. 
La stagionatura avviene in locali freschi ( 10-12°C)  ed umidi (85-90% U.R.), oppure in grotte che presentino naturalmente queste caratteristiche.
I formaggi stagionano ( curati  e rivoltati periodicamente) da un minimo di 2 mesi sino ad un anno e oltre.


Il Castelmagno DOP può fregiarsi della menzione aggiuntiva “prodotto della Montagna”, così come previsto dal Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 30/12/03, quando l'aera di produzione (origine del latte, trasformazione/lavorazione e stagionatura) è classificata come territorio montano.
In questa etichetta deve comparire tale scritta in campo BLU.

Se invece viene prodotto e stagionato ad una quota superiore ai 100 mt nei territori montani dei comuni previsti dall'area di produzione,  può portare la menzione “di Alpeggio”.In questo caso deve comparire tale scritta in campo VERDE.

Mi suggeriscono di degustare il Formaggio Castelmagno, semplicemente al "naturale" con del pane artigianale, oppure gustandolo assieme a dei morbidi gnocchi di patata, con della polenta od ancora in torte salate.

Sentirete un profumo che rimanda ai fiori di queste montagne ( valli occitane), un gusto persistente e variabile che potrà variare a seconda del grado di stagionatura.

Provate anche voi...almeno una volta!


Alla prossima.

sabato 18 luglio 2015

Utilizzo di Latte in polvere per i formaggi prodotti in Italia





Salve a tutti, 

è una delle notizie a cui, in quest'ultimo periodo, viene dato risalto da diversi mezzi di comunicazione.

Riporto alcuni ragionamenti, prendendo spunto dal seguente articolo, che credo meglio di tutti, cerchi di far capire come stanno veramente le cose...
Leggi qui _i-formaggi-senza-latte-li-compriamo-ogni-giorno-da-anni-1.220958

Il 28 maggio 2015 la Commissione europea ha chiesto all'Italia di modificare una legge, la 138 del 1974 . Una legge che vieta categoricamente di produrre latte o formaggi utilizzando, anche solo in parte, il latte in polvere. Secondo la Ue (che su questo tema ha aperto una procedura di infrazione nei  confronti dell'Italia), la legge 138 violerebbe la libera circolazione delle merci. In pratica l'Italia dovrebbe adeguarsi agli altri Paesi europei, paesi  che già da tempo permettono alle proprie industrie alimentari di utilizzare il latte in polvere in aggiunta a quello “liquido".
                          latte-formaggi-lattiero-caseario-sunnys-fotolia-750x701.jpeg


Fonte immagine: © SunnyS - Fotolia

Attenzione, però: la legge 138, trattandosi di una legge italiana, il divieto varrebbe solo per latte e formaggi fatti in Italia. 
Già da diversi anni infatti consumiamo formaggi e yogurt esteri prodotti (in parte) con latte in polvere che vengono introdotti dai canali di vendita esteri in Italia.
E lo facciamo senza neanche saperlo visto che non è obbligatorio indicarlo in etichetta. L'Unione Europea, inoltre, non intende (e non potrebbe neanche) costringerci a utilizzare il latte in polvere per i nostri formaggi.

Si parla inoltre che chi vorrà continuare a trattare esclusivamente latte fresco, sarà libero di farlo.
E' bene sapere inoltre che "la polvere di latte" , è già consentita da anni per la produzione di formaggi fusi made in Italy.


E' bene sottolineare invece che formaggi tipici italiani non saranno coinvolti da questa revisione della normativa; le nostre eccellenze, ovvero i formaggi a marchio Dop, Igp e Stg  continueranno a essere prodotti esclusivamente con latte fresco anche se l'Italia dovesse adeguarsi al diktat europeo.



Per produrre formaggi come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Caciocavallo silano, Taleggio, Gorgonzola , noti in tutto il mondo, bisogna infatti attenersi a un rigido disciplinare di produzione: una serie di regole che stabiliscono ingredienti, metodo di lavorazione e di conservazione. 
Già da tempo in Italia chi vende un prodotto a marchio Igp, Dop o Stg ignorando il disciplinare compie una frode in commercio.

Domanda:  Latte in polvere = minor qualità? 
“Quello in polvere è normalissimo latte, solo che è stato disidratato: non c'è alcun rischio alimentare”- spiega Marco Silano, direttore del reparto alimentazione e nutrizione dell'Istituto Superiore di Sanità.
 Il vantaggio del latte in polvere è che si può conservare molto più a lungo....

Dal punto di vista nutrizionale, qualche differenza invece c'è, anche se minima. 
“La quantità di grassi, proteine e zuccheri è la stessa- spiega Silano – ma è vero che il processo di disidratazione potrebbe modificare la struttura delle proteine e vitamine”.

Del resto,  anche con il latte Uht, abbiamo la medesima problematica; essendo sottoposto a temperature più elevate rispetto al latte pastorizzato, succede che, maggiore è la temperatura cui viene sottoposto il latte,  più si impoverisce la frazione proteica e minerale. Questo senza però implicare alcun problema di sicurezza alimentare.

Oltre ai tempi di conservazione, il latte in polvere ha un altro vantaggio: 

può essere utilizzato per "standardizzare " il contenuto proteico e/o lipidico del latte da trasformare.
Se è vero infatti che tutti i nutrienti del latte fresco rimangono anche in quello polverizzato, queste sostanze, per effetto della polverizzazione, risultano più concentrate. 
Ecco perché le aziende estere del settore ( ma lo sanno bene anche quelle italiane) considerano come nei processi industriali, punto importante di partenza, che  il latte utilizzato per la trasformazione in formaggio sia il più possibile uniforme e standard ;  la polvere di latte viene aggiunta proprio  per standardizzarne le caratteristiche chimiche, soprattutto per il "giusto" rapporto grasso/proteine, con conseguente maggiore costanza dei processi tecnologici e delle "rese di caseificazione”.




 Intanto, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha già annunciato di voler difendere “fino in fondo la qualità del sistema lattiero caseario italiano e la trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori”. “Ribadiremo alla Commissione europea la necessità di un intervento più approfondito sull'etichettatura del latte” ha continuato il ministro, facendo intendere che l'Italia si batterà perché l'indicazione del latte in polvere diventi obbligatoria in etichetta. 
Molto deciso anche Michele Bordo, il presidente della commissione Politiche Europee alla Camera, secondo il quale “la qualità e l'eccellenza dei prodotti caseari italiani sono riconosciute in tutto il mondo e non possono certo essere messe in discussione in nome della libera circolazione delle merci. Per questo – ha concluso Bordo - ci opporremo a eventuali iniziative di adeguamento dell'ordinamento nazionale alle contestazioni mosse dall'Europa all'Italia”.

Insomma, sul latte in polvere l'Italia si prepara alla controffensiva.
 Nel frattempo, però, si muove anche la comunità scientifica. 
Il Crea-Flc ha presentato un progetto di ricerca per studiare le differenze tra i formaggi molli “100% a latte fresco” e quelli fatti usando anche latte in polvere. Sia in termini nutrizionali, sia a livello di percezione e gusto.
Restiamo in attesa di conoscerne la pubblicazione dei risultati.

Voi cosa ne pensate?


Alla prossima





martedì 26 maggio 2015

L’origine obbligatoria in etichetta?

Salve a tutti,

riporto di seguito una notizia pubblicata dalla redazione della rivista IL LATTE ( Tecniche nuove)



<<Mercoledì scorso, la Commissione ha pubblicato due rapporti in materia di etichettatura di origine, come richiesto dal Consiglio e dal Parlamento europeo ai sensi del reg. 1169/2011. 
Due gli studi, uno solo l’esito: che i benefici dell’etichettatura obbligatoria non sono chiaramente superiori ai costi e pertanto una, volontaria, sarebbe “più adeguata”.
Il primo rapporto ha riguardato la fattibilità di diverse opzioni in termini di l’etichettatura di origine obbligatoria per prodotti lattiero-caseari e taluni carnei. 
Sulla base delle opinioni dei consumatori rispetto a ulteriori informazioni da inserire in etichetta, ai potenziali costi aggiuntivi, e ai requisiti tecnici e amministrativi che ne derivano per le imprese e le autorità pubbliche, il rapporto ha concluso che per i prodotti lattiero-caseari ci sarebbe un impatto impari che graverebbe sui produttori, più oneroso per alcuni rispetto ad altri. Il rapporto suggerisce quindi che le attuali possibilità offerte dall'etichettatura facoltativa rispondano alle esigenze dei consumatori, pur assicurando flessibilità per gli Stati membri e gli operatori del settore. 

La seconda relazione ha indagato la necessità di informare meglio il pubblico in merito alla provenienza dei prodotti alimentari non trasformati, di quelli costituiti da un singolo ingrediente e di ingredienti che rappresentano più del 50% di un alimento.
Secondo il rapporto, i consumatori sarebbero sì interessati all'etichettatura di origine per le sopraccitate categorie di alimenti, ma meno per cibi come prodotti lattiero-caseari, carne e derivati. Considerando pure i costi e i benefici delle norme di etichettatura sul mercato interno e internazionale, secondo la Commissione è da preferire l’attuale etichettatura volontaria, affiancata dalle esistenti nome di etichettatura di origine obbligatoria per alimenti o loro specifiche categorie.>>

Resto in attesa di vostri commenti.

Alla prossima.