sabato 23 settembre 2017

Sui Formaggi a Latte CRUDO

Salve a tutti,

l'acclamata edizione di CHEESE 2017 appena conclusa a Bra, mi ha dato lo spunto per 

poter riprendere l'argomento della " caseificazione dei formaggi a latte crudo".







Ci eravamo lasciati tempo fa con questo post

link https://lattecagliosale.blogspot.it/2015/01/il-latte-crudo-destinato-alla.html

dove avevo trattato gli aspetti  di una delle tre fasi principali e cioè quella 

dalla fase di “preparazione del latte” destinato alla caseificiazione.


Oggi cercherò di completare  argomentando  le altre due fasi, molto importanti per la 

buona riuscita di un  formaggio da latte crudo.

- fase di lavorazione in caldaia

- fase di salatura e  maturazione del formaggio 


Prima di tutto una doverosa precisazione  sul tema "sicurezza alimentare"  per questa 

tipologia di formaggi. Non è corretto generalizzare sui rischi igienici di TUTTE LE 

VARIETA'  di  FORMAGGI A LATTE CRUDO in quanto esistono diversi gradi di rischio che 

si possono incontrare  in  conseguenza  della "tipologia di formaggio"  ( freschi  a pasta 

molle oppure  stagionati a pasta dura)





Ciò che  ad esempio rende sicuro un formaggio a pasta dura, tipo  il Parmigiano-Reggiano

 (formaggio a latte crudo per eccellenza),  è 

- l’effetto sinergico di sistemi enzimatici antimicrobici  attivi nel latte crudo, 

- la  scomparsa dei substrati zuccherini  associata alla veloce acidificazione,

- la elevata  temperatura cui viene cotta la cagliata, 

-  la salatura e la  progressiva diminuzione dell’attività dell’acqua. 

La  produzione e la stagionatura dei formaggi deve essere  considerata come una 

complessa interazione tra molti  processi di tipo biochimico, fisico e biologico. 

Ogni processo o condizione ha influenza sul comportamento  dei batteri presenti  
nel formaggio.

La storia ci racconta delle prime produzioni fatte sin dal  XII  secolo  proprio 

di  "formaggi a pasta dura" , i quali venivano prodotti  con una tecnica ancora attuale  e che

 consentiva all'epoca di poterli conservare per lungo periodo" .


Diverso invece è il grado di rischio per i " formaggi  freschi"  e/o  "a pasta molle".





Su questo tema, sarebbe stato interessante - durante la kermesse di Bra - sentire il parere 

dei vari illustri sostenitori del "formaggio naturale" che mi pare invece  si siano  limitati ad 

evidenziare esclusivamente argomenti sulla  ricerca e tutela della " biodiversità"  

e  sugli "aspetti organolettici "   arrivando ad accusare ( erroneamente)  persino  l'utilizzo 

dei fermenti lattici selezionati. 


Proseguiamo quindi sull'argomento  evidenziando le modalità operative 

"molto comuni"  adottate durante la caseificazione  in un " tipico caseificio di malga"  

come  ben schematizzato nella tabella seguente:


                  Fonte  Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008  Formaggi a latte crudo senza   innesto a breve 
                  stagionatura: linee guida di buona produzione


FASE DI LAVORAZIONE IN CALDAIA

Le possibili  fonti di contaminazioni del latte.

E' opportuno  considerare da un lato le differenti possibilità di contatto del latte con

materiali, attrezzature e persone, e dall’altro 

le condizioni di temperatura, coagulazione del latte e rottura del coagulo/separazione

del siero che, regolando la disponibilità di nutrienti per i microrganismi, influiscono


sulla velocità di crescita microbica,  aumentandone l'acidità  e  la discesa del pH.


Le superfici con cui il latte entra in contatto durante la caseificazione, e che dovrebbero

 essere sempre pulite e sanificate, sono:

• sistemi di travaso del latte dal serbatoio di stoccaggio, dall’impianto di mungitura o dalle bacinelle di  affioramento (secchi, canale, tubazioni in acciaio/plastica);

• vasche di coagulazione, generalmente di tipo aperto, riscaldate a fuoco diretto di legna e/o gas o per circolazione di vapore in camicia o di acqua in serpentini immersi nel latte;

• attrezzi per l’agitazione del latte (rotelle) e la rottura del coagulo (spannarola, spada, lira, spino);

• strumenti per il controllo di parametri analitici (termometri, dosatore preleva campioni per acidità  titolabile, elettrodi per pH);



Altre fonti di possibile contaminazione sono rappresentate da ricaduta di fuligine e/o ceneri nel caso di lavorazioni a fuoco di legna,  e da  insetti presenti nel locale di lavorazione.





Ci sono poi le contaminazioni  trasmesse dalle mani dell'operatore casaro il quale 

viene a contatto con latte e/o cagliata sia per la valutazione della consistenza del coagulo, 

sia durante la rottura o l’estrazione.

Il suggerimento in questo caso è quindi quello di lavarsi frequentemente le mani, meglio con

 acqua tiepida se  disponibile, ed in ogni caso ogni volta che si è toccato qualcosa di diverso

 prima di toccare nuovamente il  latte o la cagliata.




Condizioni che influenzano la crescita microbica nel latte.

La scelta della temperatura del latte per la coagulazione, unitamente a dose e tipo di 

caglio, è un fattore  fondamentale per la buona riuscita del formaggio in quanto condiziona 

- la durata e la qualità della coagulazione, 

- l’attitudine della cagliata alla sineresi del siero ed in quanto determina la velocità 

di duplicazione dei microrganismi e quindi il loro tasso di crescita.





L’evoluzione della temperatura di latte e cagliata durante la fase di lavorazione in caldaia 

dipende dalla quantità di latte presente in caldaia , ed in misura inferiore dal materiale 

e dallo spessore della  vasca di coagulazione, in funzione  della sua conducibilità termica

 e della temperatura dell’ambiente dellocale di lavorazione.

" La scelta della temperatura deve quindi considerare la molteplicità degli aspetti e non 

limitarsi solamente alla  valutazione dell’effetto sulla coagulazione, a maggiore ragione 

quando si caseifica latte senza aggiunta di innesto o di fermenti starter" 


Temperature di coagulazione del latte nell’ordine di 28-32°C sono consigliate per

formaggi essenzialmente a coagulazione acida, e privilegiano in teoria la crescita di flore 

lattiche mesofile,  quali i lattococchi. 

Valori attorno a 35-38°C sono invece classici delle formaggelle di monte in cui la flora

lattica è rappresentata generalmente da una combinazione di specie mesofile e termofile.


Tutte le temperature sopra  indicate favoriscono comunque  la crescita di flora 

batterica  contaminante, alterativa o patogena.




Qualora la  flora appartenente a queste tipologie sia presente nel latte, la sua possibilità di 

crescita  dipenderà dalla competizione con la flora lattica e dalla disponibilità, per un 

tempo  più o meno  lungo, di condizioni di substrato favorevoli (temperatura ottimale, bassa 

acidità, abbondanza di nutrienti).

Quando non si utilizzano innesti e/o fermenti  starter, l’unico mezzo a disposizione per 

selezionare la componente lattica filocasearia - tra la eterogenea flora autoctona del latte 

crudo, è  una gestione attenta della temperatura in modo tale da consentire una 

acidificazione sufficientemente rapida, (mai troppo lenta)  come può accadere ad esempio 

se la temperatura del formaggio nello stampo, in fase di spurgo, scende eccessivamente.


Suggerisco quindi che il produttore- casaro  cerchi di collegare le caratteristiche del 

suo  formaggio ottimale o di prima scelta, al ciclo termico di produzione, non 

lasciando al caso   ed alla sola stagione la gestione della temperatura. 

Per fare questo è importante che il produttore  misuri la   temperatura del  latte 

- al momento dell’addizione del caglio, 

- quella della cagliata immediatamente prima della rottura 

- ed al  momento dell’estrazione. 



Altro parametro troppo spesso ancora ignorato nel caseificio artigianale è la misura 

dell’acidità del latte in  vasca di coagulazione.

L’acidità condiziona, come la temperatura, l’attività del caglio.

Raggiunta la giusta consistenza del coagulo dopo un opportuno tempo di sosta, arriva il 

momento della  rottura o taglio, che è uno dei momenti fondamentali per la buona riuscita 

del formaggio in quanto dalla  gestione di tale fase dipenderà il contenuto d’acqua del 

formaggio e con essa la ritenzione del lattosio e dei  sali  minerali.





Le modalità di rottura sono molteplici e specifiche per  i vari tipi di formaggio, 

ma il criterio di base da seguire sarebbe  quello di fare in modo che i granuli di cagliata 

abbiano la maggiore omogeneità possibile di dimensioni, indipendentemente dalla 

grandezza del granulo, che è invece specifica per tipologia di formaggio. 

Questo  perché in tal modo il contenuto di umidità del singolo granulo sarà mediamente 

confrontabile con gli altri riducendo così il rischio di ristagni localizzati di siero e 

conseguente acidificazione differenziata e/o  fermentazioni anomale localizzate.



Il travaso della cagliata ed il riempimento degli stampi è realizzato secondo pratiche e 

tecniche differenti che prevedono l’uso di tele, secchi, mescoli forati o altri attrezzi. 

Il riempimento può essere quindi influenzato dall’intervento manuale dell’operatore.

In modo particolare sulla tempistica  di riempimento e travaso  che, se se troppo lenta, 

può  causare difformità  delle caratterisrtiche tra una forma e l'altra  pur trattandosi della 

medesima lavorazione.





La scelta del tipo di formato (e quindi del rapporto tra scalzo e faccia, ovvero del rapporto

tra superficie e volume) è inoltre determinante non solo per l'aspetto estetico e  la 

presentazione finale del formaggio,  ma soprattutto  perché la forma  influenza in modo

determinante, in una prima fase, la  velocità di raffreddamento della cagliata e la  superficie

disponibile per lo spurgo del siero e successivamente, durante la maturazione del formaggio

 stesso, del proprio grado di asciugatura.

La scelta invece di produrre formaggi monoporzione o comunque di ridotta pezzatura,

tipica del caseificio caprino e del settore dei formaggi con coagulazione ad indirizzo 

prevalentemente lattico,  di fatto rende impossibile la separazione della crosta ed il 

formaggio diventa quindi 100% edibile. 





Dalla  scelta della pezzatura (anche se non solo da questo) deriva quindi anche la scelta 

sull’edibilità della  crosta e, sulla base di questa opzione, dovranno essere messi in campo 

gli opportuni accorgimenti in termini  di prevenzione, pratiche produttive.


Controllo della temperatura del formaggio in fase di spurgo e velocità di acidificazione

Per ridurre la variabilità della fermentazione lattica, il principale  sistema di controllo a 

 disposizione del produttore- casaro  nel momento in cui la cagliata è nello stampo,

è ancora quello di gestire al meglio l’evoluzione della temperatura. 

Molto utile sarebbe  anche quello di avere a disposizione uno strumento di controllo 

del pH ( phmetro).

Consigliabile quindi  seguire il più possibile il ciclo termico “ideale” e soprattutto  accertarsi 

che  tutte le forme prodotte seguano il medesimo ciclo termico con la minor variabilità 

possibile.

La problematica è quindi di duplice natura:

1. individuare e realizzare il ciclo termico più opportuno per la tipologia di formaggio


2. ridurre la variabilità tra le forme predisponendo opportuni sistemi di stufatura.



      Fonte  Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008  Formaggi a latte crudo senza   innesto a breve 
                  stagionatura: linee guida di buona produzione

Come evidenziato dai dati in Tabella sopra , sono state comparate le velocità di acidificazione di cagliate mantenute a differenti temperature, ottenute senza impiego di innesto starter o mediante impiego di un innesto starter di streptococchi termofili.

Si noti  come con il crescere del valore di temperatura aumenta la velocità della fermentazione da parte dei batteri  lattici termofili, diminuendo di conseguenza il tempo necessario per raggiungere il valore di ph 5,3 


In tal modo viene condizionata anche la crescita di E. coli e stafilococchi coagulasi

positivi eventualmente presenti nella cagliata come evidenziato dall tabella sotto.


          Fonte  Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008  Formaggi a latte crudo senza   innesto a breve 
                      stagionatura: linee guida di buona produzione

Poiché una corretta fermentazione lattica è comunque fondamentale per ridurre i difetti del

formaggio, il consiglio  è quello di mantenere la temperatura della cagliata in stufatura 

quanto più prossima alle condizioni ottimali di crescita della microflora lattica (termofila o 

mesofila) che si prevede caratterizzerà  il profilo fermentativo del formaggio. 

Il mancato controllo della temperatura, ovvero il lasciare al caso  questa fase del 

processo, significa quindi  non solo rischiare sull'aspetto  igienico-sanitario, 

ma  anche compromettere  il risultato e la qualità  del formaggio prodotto.


Nelle aziende ove è disponibile il vapore, il controllo della temperatura della cagliata in

 stufatura può essere  realizzato con tecnologie tradizionali sfruttando la vecchia pratica dei 

"cassoni con insufflazione di vapore" , tuttora in uso in alcune aziende del Pecorino  ma non

 solo, che di fatto hanno ripreso - modernizzandola -  l’antica pratica dei cassoni di legno in 

uso ad inizio 1900 e usata  per la produzione della lombarda  Crescenza ed ancora in uso 

in qualche piccola azienda.

Ove non sia disponibile una sorgente di calore umido (in questa fase non si deve far fare 

crosta alla cagliata  per evitare di complicare i fenomeni di spurgo e di successiva salatura

 e quindi serve un’elevata umidità relativa dell’ambiente) occorre cercare di preservare al 

meglio il calore disponibile, riducendone la  dispersione. ( es con teli plastica puliti).

La pratica tradizionale di usare tavoli di  acciaio e/o legno e di coprire gli stampi con telo di 

plastica rappresenta un  tentativo di contrastare il raffreddamento precoce del formaggio in 

fase di spurgo che ha comunque una limitata efficienza.

Uso di innesti e/o colture starter di fermenti lattici selezionati



Una riflessione attenta andrebbe fatta quindi sul rapporto “danno/beneficio” associabile 

all’uso dell’innesto di fermenti lattici  e tale  riflessione non dovrebbe essere  solo 

"ideologica", basata quindi sulla difesa astratta della tradizione o del progresso,

ma concretamente calata  sul loro apporto per il raggiungimento delle caratteristiche attese 

di  ciascun formaggio, ovvero sulla sua definizione di  qualità.


L’uso di uno starter che garantisca il regolare svolgimento della fermentazione lattica,

in una caseificazione con  latte crudo, è sicuramente uno strumento di riduzione del rischio 

dei difetti sopra citati e di eventuali contaminazioni.


Tuttavia l’uso dell’innesto  di fermenti  non rappresenta una garanzia di eliminazione dei 

rischi in quanto dipende  dalla   scelta del tipo di innesto e delle sue modalità d’uso


In linea generale , colui che  produce formaggi a latte crudo  è portato a pensare  che 

 l’innesto dovrebbe avere un ruolo soprattutto acidificante con l’interazione minima nei 

confronti della  proteolisi e della formazione dell’aroma del formaggio, lasciando quindi tale 

ruolo alla flora autoctona del  latte crudo.

Ci sono invece  alcuni casari  che intendono utilizzare esclusivamente colture specifiche

 "autoctone"  difficilmente reperibili in commercio, e  che, se autoprodotte,  possono avere

 anche grandi  variabilità di  performance e attività. Problema di non-facile soluzione quindi.


Consiglio invece a coloro che intendono auto-prodursi lattoinnesto e/o sieroinnesto 

di valutare molto attentamente la qualità del latte di partenza ( carica batterica con ricerca 

di batteri lattici  filo-caseari e presenza di contaminanti)  da cui si dovrà sviluppare le colture

lattiche e di documentarsi attentamente sulle corrette modalità senza sottovalutare i rischi 

di possibile insuccesso.



FASE DI SALATURA-STAGIONATURA DEL FORMAGGIO





La salatura, sia essa effettuata a secco o in salamoia, è un classico punto di possibile 



ricontaminazione superficiale del formaggio, mentre la presenza di NaCl nella pasta, 



riducendo la disponibilità di acqua, espressa come Aw ( acqua libera) , 

può svolgere un  effetto di tipo batteriostatico verso alcune microflore

anche se non verso quelle cosiddette  specie  " alofile" , ovvero capaci di crescere 

anche in presenza  di elevate quantità di NaCl .


I batteri lattici, come i contaminanti e  i patogeni hanno una sensibilità molto diversa  alla 

presenza di sale : in ogni caso,  anche nel caso di batteri quali E. coli , il reale effetto 

batteriostatico deve fare i conti con le  tecniche e le condizioni di salatura ed i meccanismi 

di diffusione del sale dalla crosta al  cuore del  formaggio.





 Rispetto all'argomento  stagionatura invece , nelle condizioni tipiche dei formaggi freschi,

 ovvero con durata   limitata  ed a temperatura  inferiore a 10°C, non appare essere un 

elemento importante  che possa  generare  dei rischi di sicurezza alimentare.  

Attenzione però che anche nei locali di stagionatura va ribadita 

l’importanza del mantenimento  dell’igiene di tutte le superfici a contatto i  formaggi 

attraverso un idoneo piano di  detergenza.


E' stato verificato infatti che la stagionatura a + 4°C per un tempo di 30 giorni non 

rappresenta una condizione  sufficiente per indurre alla mortalità importante di biotipi 

tossinogeni di E. coli  (O157:H7, EPEC e EIEC).

Fonte  Quaderni della ricerca n. 78 - marzo 2008  Formaggi a latte crudo senza   innesto a breve 
                  stagionatura: linee guida di buona produzione


Durante la stagionatura di un formaggio tipo  caciotta ad esempio , se condotta a  bassa

temperatura, l’uso di acciaio o di altri materiali  di più agevole  lavabilità,  non comporta

infatti il rischio di rallentare la fermentazione lattica  e quindi non rappresenta più un

ostacolo.

Tuttavia, se le caratteristiche del formaggio sono tali per cui esso spurga ancora siero,

occorre  considerare che i materiali impermeabili (acciaio, plastica non forata) sono

 " preferibili"  rispetto al tradizionale legno, il quale  può invece  “assorbire”

 un eccesso di umidità, favorendo così  ristagni di  siero tra l'asse  e  il formaggio.


Diverso invece per i formaggi a pasta dura, dove la temperatura e umidità non idonee del

 locale , non  compromettono dal punto di vista prettamente microbiogico

 ( i magazzini del Formaggio tipo  Grana  vengono mantenuti  anche a +18°C)

ma condizioni inidonee  possono  rovinare  l'aspetto organoettico generando anche delle

 spaccature della crosta  con conseguente infiltrazioni  di  acari o  muffa all'interno.




.

Si consiglia infine  una corretta gestione del magazzino di stagionatura in quanto  così

facendo  si  possono  ridurre o addirittura evitare tali  fenomeni,  tanto più si aumenta la

 frequenza dei  rivoltamenti dei formaggi  e quella dei  lavaggi dei supporti.

                                                        ****************


Concludo infine con una mia replica ai vari " casari-filosofi" che mi  è capitato talvolta   di

incontrare e  che vedono  l'uso dei fermenti lattici selezionati  come un "allarme  della

qualità dei formaggi"  oltre a considerare   il ruolo del tecnico - rappresentante di fermenti

 come un " approfittatore" di situazioni problematiche.

Ecco ....a coloro mi rivolgo con un'aforisma che trovo azzeccatissmo...

Non è bene cercare di fermare il progresso della conoscenza. L’ignoranza non è mai meglio della conoscenza.(Enrico Fermi)



Alla prossima.