giovedì 1 settembre 2016

LATTE, FORMAGGI, LATTICINI E DATA DI SCADENZA

Salve a tutti,
sarà probabilmente accaduto anche voi, come al sottoscritto, che al rientro a casa da un periodo di "meritate" vacanze, nell'aprire il frigorifero, vi accorgete di aver dimenticato una porzione di formaggio o un vasetto di Yogurt che riporta la data di scadenza ormai superata da pochi giorni.

Che fare allora? Come comportarsi per non mettere a rischio la propria salute senza però avere il rimorso di essere complice del discusso fenomeno dello " spreco alimentare"?
La legge italiana impone ai produttori di Formaggi e alimenti di indicare la data di scadenza, cioè il periodo entro il quale il prodotto conserva le sue qualità organolettiche e può essere consumato senza rischi per la salute.
Superata la data di scadenza, l'alimento può costituire un pericolo per la salute a causa della proliferazione batterica. Per legge è vietata la vendita dei prodotti che riportano la data di scadenza a partire dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione
In caso di formaggi e alimenti preconfezionati è importante sapere che i produttori, in fase di confezionamento hanno due possibilità di indicazioni per il consumatore:
  • Da consumare preferibilmente entro. Si parla di prodotti che garantiscono inalterato il proprio valore nutrizionale se consumati entro la data segnalata sulla confezione. Passata la data indicata il prodotto sarà ancora commestibile, ma non avrà lo stesso apporto di nutrimenti dichiarato o ne risentirà anche in termini di gusto.
  • Da consumare entro. In questo caso, si tratta di alimenti maggiormente deperibili (latte fresco, uova, yogurt, ricotta, pasta fresca…) il termine è rigido, perché c’è in gioco la salute. Anche se in alcuni casi è possibile una certa tolleranza, a patto che il prodotto sia stato conservato correttamente.
Attenzione! Le seguenti indicazioni valgono se viene rispettata la catena del freddo durante la commercializzazione e soprattutto se il frigorifero di casa è tarato a +4°C .

(fonte http://www.ilfattoalimentare.it/scadenza-consigli-spreco.html)

La data di scadenza del "latte fresco pastorizzato" è determinata nel sesto giorno successivo a quello del trattamento termico di pastorizzazione, mentre la scadenza del "latte microfiltrato fresco pastorizzato" è determinata per legge nel decimo giorno successivo a quello del trattamento termico 
Il latte fresco pastorizzato di alta qualità scade  quindi al 7° giorno di vita. Se però viene conservato  bene (ancora sigillato)  nel frigorifero domestico, si potrebbe bere anche uno-due giorni dopo tale data.
Cosa diversa invece per Il latte crudo che  va fatto bollire sempre prima del consumo, soprattutto se destinato ai bambini.
Il Latte a lunga conservazione UHT invece  si puo’ conservare ( se ancora sigillato) fino a un mese dopo la data di scadenza. Dopo l'apertura invece deve essere conservato in frigo e consumato entro 2-3 giorni.  In questi casi, meglio usarlo in cucina.
Formaggio: dipende dal tipo di formaggio, e dalle modalità di confezionamento e di conservazione. A pasta dura si conserva generalmente sino a 1 mese dopo la data indicata; mentre a pasta molle sino a 10 giorni. La Mozzarella vaccina in genere scade dopo 1 mese dalla data di produzione. È consigliabile però, sopratutto in estate, anticiparne il consumo che dovrebbe avvenire al massimo entro 3 settimane dalla produzione. I formaggi freschi come la mozzarella o la ricotta, se sono appena scaduti sono utilizzabili in cucina per arricchire pizze, pasta al forno e sformati.

LE BUONE REGOLE PER LA CORRETTA CONSERVAZIONE DEL FORMAGGIO
( fonte http://www.formaggio.it/conservazione-degustazione/)
  1. Conservare il formaggio alla giusta temperatura è indispensabile per mantenere alta la qualità del prodotto. I formaggi freschi devono essere collocati nella zona più fredda del frigorifero (2-4° C), i formaggi stagionati a pasta cotta in quella meno fredda (10-12 °C), mentre le altre tipologie nello scomparto a temperatura compresa tra i 6 e gli 8 °C. Gli sbalzi di temperatura spesso pregiudicano le caratteristiche organolettiche del prodotto e, in casi estremi, possono favorire la formazione di microrganismi patogeni, pericolosi per la salute.
  2. Il formaggio non deve mai essere conservato nel congelatore, poiché la successiva decongelazione altererà la struttura della pasta e ne comprometterà le caratteristiche gustative e olfattive.
  3. Lo scomparto ideale per la conservazione di piccole quantità di formaggio è il cassetto delle verdure.
  4. È buona regola non alterare la confezione originale del formaggio prima del consumo.
  5. Se acquistate al taglio o al banco, le fette dovranno essere interamente avvolte con carta oleata per alimenti. Evitare la pellicola trasparente poiché, se quest’ultima contiene Pvc, esiste il rischio che a contatto con i grassi del formaggio il Pvc rilasci gli ftalati, sostanze che rendono elastica la plastica. La carta deve aderire bene alla parte tagliata, così da preservare l’umidità originale del prodotto e impedire che la pasta subisca un processo di ossidazione. Inoltre, un confezionamento così curato ha il vantaggio di preservare gli altri alimenti presenti nel frigorifero, poiché spesso i formaggi emanano un odore forte che permea facilmente l’ambiente e i cibi circostanti.
  6. In alternativa, i formaggi andrebbero avvolti in pezzuole di lino convenientemente umidificate e, in seguito, disposti a seconda delle tipologie di appartenenza in appositi vassoi coperti da campane di vetro. Tenere il coperchio socchiuso, in modo da consentire all’acqua di condensa di fuoriuscire.
  7. Anche se confezionati, i formaggi non devono rimanere a contatto con verdure e legumi non lavati, in quanto potrebbero verificarsi contaminazioni batteriche tra la terra residua presente sui vegetali e il prodotto caseario.
  8. Le fette di formaggio devono essere separate l’una dall’altra e incartate singolarmente. Soltanto così sarà possibile avvicinarle, in quanto non esisterà più il pericolo di un contatto fisico con conseguente trasmissione di aromi o muffe.
  9. Per gustarne appieno il sapore, un’ora  prima di essere consumato, il formaggio deve essere tolto dal frigorifero, scartato e ossigenato. Affinché il formaggio in tavola possa esprimere appieno le sue caratteristiche organolettiche, la temperatura di degustazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 16 °C.
Yogurt: se perfettamente conservato in frigorifero, può essere consumato fino a una settimana dopo la data di scadenza.  Lo yogurt scaduto, ma in perfette condizioni (senza muffa o cattivi odori) avrà solo meno fermenti "vivi", ma sarà consumabile in tutta tranquillità. 
La ricotta e la Robiola spalmabile invece sono alimenti molto delicati, per cui un’interruzione abbastanza lunga della catena del freddo oppure la permanenza in frigoriferi che non rispettano le temperature di conservazione, favoriscono l’avvio dei processi di alterazione organolettica, già alcuni giorni prima della scadenza. Il consiglio è di consumare questi latticini 5-7 giorni prima anche perché il frigorifero di casa spesso non garantisce una temperatura di conservazione adeguata. dei + 4°C effettivi. 

Interessante il seguente video a cura del Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie che riassume quanto riportato sopra. Buona visione!
https://youtu.be/e1ZohRJ5pL4


Raccontatemi le vostre esperienze! 
Alla prossima.

lunedì 20 giugno 2016

Etichettatura del lattosio in alcuni formaggi




( FONTE: www.lattenews.it)
La Direzione Generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute ha diffuso una nota del 16 giugno inerente gli aggiornamenti su integratori alimentari, tolleranze analitiche applicabili in fase di controllo e indicazioni sull'assenza o la ridotta presenza di lattosio nei prodotti lattiero caseari. Riportiamo queste ultime per intero.
Indicazione dell’assenza o della ridotta presenza di lattosio in alcune varietà di formaggi
In esito alla richiesta dell’associazione Assolatte e, parallelamente, del consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano, è stata esaminata la possibilità di impiegare nell’etichettatura indicazioni riferite alla “naturale” assenza o presenza ridotta di lattosio per prodotti lattiero-caseari che non contengono tale zucchero o ne contendono una quantità ridotta, in conseguenza dell’usuale processo che ne caratterizza la produzione. Per il Grana Padano il predetto consorzio ha anche fornito specifici dati a documentazione dell’assenza di lattosio nel prodotto in questione. Si è convenuto che informazioni del genere consentirebbero ai consumatori la scelta di alimenti adatti alle loro specifiche esigenze individuali senza esclusioni non necessarie, considerando che i prodotti lattiero-caseari, data la loro derivazione, possono essere percepiti dai consumatori come una fonte di lattosio senza distinzioni. Peraltro, con specifico riferimento ai dati analitici che sono stati forniti per il Grana Padano sull’entità dei contenuti residuali di lattosio e dei suoi due costituenti, si è anche rilevato che il consumo di un prodotto del genere, con una normale porzione, non troverebbe in assoluto controindicazioni nemmeno nella dieta dei soggetti affetti da galattosemia.
Si è pertanto concluso che nei prodotti lattiero-caseari in cui l’usuale processo di produzione porta all’eliminazione o alla riduzione del contenuto di lattosio possono essere riportate in etichetta le seguenti indicazioni (alle stesse condizioni definite per i prodotti delattosati):
  1. “naturalmente privo di lattosio” (o espressione equivalente) quando il tenore residuo di lattosio da riportare in etichetta è inferiore a 0,1 g/100g;
  2. ““naturalmente a ridotto contenuto di lattosio” (o espressione equivalente) quando il tenore residuo di lattosio da riportare in etichetta è “inferiore a 0,5 g/100g”.
Per entrambe le categorie di prodotti va riportato in etichetta:
  • che l’assenza di lattosio o la sua ridotta presenza sono una conseguenza “naturale” del tipico processo di fabbricazione con il quale si ottiene il formaggio in questione;
  • un’indicazione del tipo “contiene galattosio”.
Nel solo caso dei prodotti ““naturalmente privi di lattosio” se si ritiene di poter quantificare e garantire una soglia residua massima di galattosio, può essere utilizzata in alternativa alla precedente una dizione del tipo “contiene galattosio in quantità inferiori a…” nell’ottica di fornire informazioni precise anche per un eventuale uso da parte dei galattosemici.

mercoledì 18 maggio 2016

Formaggi a CIBUS 2016

Salve a tutti,

non ho voluto mancare anche a questa nuova  edizione di CIBUS a Parma.



Grande evento internazionale dell'alimentazione a cui hanno partecipato numerose aziende casearie italiane.

Ovviamente presenti  molti prodotti caseari  di aziende rinomate e ben conosciute.
tra cui molti "formaggi senza lattosio".



La mia  curiosità è andata però verso alcune specialità che potrebbero "far tendenza"....


ad esempio,  tra le tante specialità proposte dalla Famiglia Busti,  un Formaggio pecorino " al cioccolato"

link
http://www.caseificiobusti.it/prodotti_busti/il-cioccolato/?lang=en



o ancora il Formaggio pecorino " allo zafferano" di  Romagna Terre

link
http://www.romagnaterre.it/index.php?option=com_content&view=article&id=139%3Apecorino-allo-zafferano&catid=1%3Aformaggi&Itemid=11&lang=it

Ma per gli appassionati del Gorgonzola Dolce cremoso  ( come il sottoscritto)...... non poteva mancare l'assaggio presso lo stand  dell'amico Paolo Baruffaldi.


link
http://www.eredibaruffaldi.com/


Vi è stata anche la possibilità di partecipare ad un evento organizzato dal gruppo BRAZZALE
il quale  ha presentato un nuovo sistema di "etichettatura volontaria", a vantaggio del consumatore
che potrà meglio comprendere il sistema produttivo utilizzato, e scegliere "consapevolmente" i prodotti da acquistare.


link

http://www.lattenews.it/brazzale-lancia-letichetta-di-filiera/


E' stata una edizione interessante e...con numeri da record.

Alla prossima


mercoledì 13 aprile 2016

Alimenti e uso di colture bio-protettive


Fonte http://www.lattenews.it/le-colture-protettive/

I microrganismi svolgono un ruolo essenziale nella difesa biologica e nell'incremento della shelf-life degli alimenti attraverso i molteplici metabolismi che ne accompagnano lo sviluppo e che, contribuendo nel definire le caratteristiche dei prodotti, ne hanno stimolato l’utilizzo industriale come colture “protettive”



La domanda sempre crescente da parte del consumatore di prodotti sicuri, a elevato valore nutrizionale e salutistico, senza additivi ed economicamente convenienti ha determinato negli anni lo sviluppo di nuove tecnologie, processi o approcci alla conservazione degli alimenti. 

Si definisce biocida una sostanza in grado di inattivare microrganismi sia patogeni che non- patogeni. I biocidi sono frequentemente utilizzati nell'industria alimentare come strumenti di pulizia e disinfezione nei confronti di agenti patogeni e alterativi. Fra i biocidi naturali si possono annoverare sia i metaboliti secondari da piante (estratti vegetali, oli essenziali) sia i microrganismi, o i prodotti del loro metabolismo.

Da secoli è noto il ruolo essenziale dei microrganismi nella protezione biologica e nell'incremento della conservatività degli alimenti, soprattutto, ma non solo, di prodotti fermentati quali latticini, vegetali fermentati, salumi e impasti acidi. 
La protezione avviene attraverso i molteplici metabolismi che accompagnano la crescita microbica (respirazione, fermentazione, bio-trasformazioni, metabolismi secondari) e che, oltre a contribuire nel definire le caratteristiche nutrizionali e sensoriali del prodotto finito, hanno stimolato l’utilizzo industriale dei microrganismi come colture “protettive”. In particolare, le applicazioni principali hanno riguardato lo sviluppo di starter per incrementare la sicurezza igienico- sanitaria e la protezione biologica, mentre solo di recente stanno moltiplicandosi gli utilizzi per migliorare anche la shelf-life degli alimenti.



Fermentazioni microbiche
Le fermentazioni microbiche sono da millenni uno strumento essenziale per garantire la sicurezza igienica ed estendere la shelf life degli alimenti (latte e derivati, salumi, cereali, vegetali fermentati come crauti e olive, impasti acidi, prodotti ittici fermentati…). 
Da eventi “naturali” o “spontanei”, le fermentazioni sono negli anni divenute processi biotecnologici “guidati” attraverso la continua selezione e caratterizzazione di microbi “specializzati” all’interno di colture starter. Ciò ha determinato negli ultimi 30 anni lo sviluppo dell’industria dei fermenti. 
Fra i microrganismi di interesse applicativo nel settore alimentare, i lieviti e i batteri lattici sono da sempre considerati i principali protagonisti per la capacità di produrre metaboliti primari (alcol etilico, acidi organici, acido lattico e acetico in particolare, CO2), determinanti nel definire le proprietà organolettiche ed essenziali nel contribuire alla difesa biologica dell’alimento in seguito alla repentina modifica delle caratteristiche chimico-fisiche del prodotto (es. diminuzione di pH, potenziale di ossidoriduzione, attività dell’acqua, incremento del grado alcolico, riduzione da nitrati a nitriti…). 
I microrganismi producono inoltre una serie di metaboliti ad attività antimicrobica aspecifica (diacetile, reuterina o β-idrossi-propionaldeide, acido piroglutammico, H2O2) o specifica (batteriocine, peptidi).
Il diacetile (o 2,3-butanedione), noto per le caratteristiche aromatiche che conferisce all'alimento (tipico aroma da burro), è un composto della fermentazione dell’acido citrico prodotto soprattutto da specie del genere Leuconostoc e da Lactococcus lactis subsp. lactis varietà diacetylactis. 
Il diacetile esercita attività inibente nei confronti di microbi alteranti del genere Pseudomonas e, quando associato al calore, inibisce il patogeno Listeria monocytogenes. La reuterina (β-idrossipropionaldeide) mostra un ampio spettro di attività nei confronti sia di procarioti sia di eucarioti. Questa molecola rappresenta un intermedio del metabolismo anaerobio del glicerolo di Lactobacillus reuteri (specie probiotica intestinale) e di altre specie batteriche. 
Le batteriocine, proteine esocellulari ad azione specifica verso specie/gruppi microbici differenti, sono le più studiate in quanto possono essere applicate in un approccio a ostacoli nella preservazione degli alimenti.
Quando associate con altre sostanze o con trattamenti chimico-fisici, le batteriocine possono esibire effetti conservanti sia additivi sia sinergici e, soprattutto in quest’ultimo caso, la loro applicazione può comportare indubbi vantaggi, legati a una riduzione della quantità di additivi chimici aggiunti all’alimento o all’applicazione di trattamenti tecnologici meno intensi (es. calore), con riflessi positivi sulla qualità del prodotto. Le batteriocine possono essere impiegate mediante sintesi in situ (direttamente nell’alimento) da parte dei microrganismi produttori oppure aggiungendo direttamente i composti ottenuti ex situ, isolati dal brodo colturale e purificati. La sintesi in situ, che ha portato da parte dell’industria allo sviluppo delle colture protettive, offre indubbi vantaggi rispetto alle batteriocine purificate.



È possibile infatti abbinare in un’unica formulazione commerciale colture “miste” polifunzionali (es. con caratteristiche acidificanti e protettive); inoltre l’eventuale iter per approvazione all'utilizzo da parte degli organi competenti è certamente meno problematico, consentendo anche di contenere i costi legati all’applicazione industriale. 
L’approccio in situ comporta infine una maggiore accettabilità da parte del consumatore che, viceversa, tenderebbe a considerare l’aggiunta della batteriocina purificata come un additivo.

D’altro lato, il vantaggio di utilizzare composti purificati e a titolo noto (come la nisina) è legato ad un più facile dosaggio e controllo dell’attività antimicrobica nel prodotto.


Resto disponibile ad approfondire l'argomento.

Alla Prossima.

mercoledì 2 marzo 2016

Le alternative al latte animale

 fonte http://www.lattenews.it/le-alternative-al-latte/




Una recente ricerca indica che la produzione e il consumo di sostituti del latte (dairy alternatives) sono in fenomenale espansione. Entro pochi anni il valore di questo mercato dovrebbe raggiungere circa 18 miliardi di euro con tassi di crescita annui superiori al 10%. Si tratta principalmente di bevande vegetali spesso e impropriamente definite come latti di…. ( riso, soia, mandorla, avena etc.)
Secondo la ricerca, i fattori alla base di questa crescita sono i (presunti) benefici derivanti dall’utilizzo di questi sostituti. Soprattutto, quando questi benefici sono contrapposti a (presunti) svantaggi connessi al consumo dei prodotti dairy
L’antitesi non è banale per le possibili ricadute per il settore lattiero. Per esempio, l’impatto ambientale è uno dei fattori addotti per scoraggiare l’utilizzo di latte a favore di bevande di soia. La maggior carbon footprint (l’impronta di carbonio,ossia l'emissione di gas) della filiera latte non è confutabile anche se le differenze possono ridursi (0,9-1,5 kg COper litro di latte contro 0,8-0,9 kg COper litro di bevanda di soia) in relazione ai fattori considerati per quantificare la footprint.
Nonostante ciò, la maggior sensibilità ambientale del consumatore non potrà che costituire un driver strategico per lo sviluppo di una filiera lattiero-casearia più sostenibile. Driver da pensare e attuare non solo nell’ottica della produzione bio che non può soddisfare l’attuale richiesta di latte e derivati.

L’aspetto nutrizionale è tuttavia il fattore che maggiormente orienta la scelta del consumatore verso i dairy alternatives. Assenza o ridotta presenza di grassi saturi, mancanza di colesterolo e lattosio: tutte motivazioni portate a favore del consumo di bevande sostitutive a base vegetale. Non per tutti comunque, visto che il latte rimane ancora insostituibile nell’alimentazione infantile. Inoltre, anche quando destinate agli adulti, queste bevande subiscono importanti implementazioni ingredientistiche per colmarne le carenze nutrizionali. Positivo il fatto che queste aspettative nutrizionali abbiano perlomeno rivitalizzato il settore del latte alimentare, innovatosi di conseguenza con l’introduzione di latti alleggeriti o arricchiti.
Molto più difficile condividere le motivazioni addotte da certi stili alimentari, dieta vegana per esempio, a sfavore dei prodotti dairy. Motivazioni spesso poco scientifiche, ma con forte appeal sui consumatori. Associare il consumo di latte a ogni sorta di patologie e alterazioni intestinali fa effetto su molti. Spaventare è più facile che convincere. La sfida per il settore dairy sarà persuadere tutti che (non da oggi) chiare evidenze scientifiche supportano il fondamentale ruolo nutrizionale del latte e dei suoi derivati. Perché, al di là delle motivazioni addotte per non consumare i prodotti dairy, una cosa è certa: tutti i possibili dairy alternatives difficilmente potranno imitare il latte per concentrazione e qualità dei nutrienti, prezzo… e gradevolezza.

Voi cosa ne pensate?

Alla prossima.

mercoledì 24 febbraio 2016

Ma quanto si zucchera uno yogurt?




Ma quanto si zucchera uno yogurt?
Se lo sono chiesti alcuni ricercatori francesi che hanno analizzato il comportamento proprio e di consumatori francesi.
In Francia, la metà dei consumatori addolcisce lo yogurt bianco prima del consumo. Questo studio ha misurato quanto zucchero sia aggiunto dai consumatori, in condizioni contestualizzate. Ai partecipanti dell’indagine (199 adulti francesi che dolcificano regolarmente il proprio yogurt bianco) è stato dato uno yogurt bianco (125 g) alla fine di un pasto completo ed è stato chiesto loro di addolcirlo con il dolcificante usualmente impiegato (zucchero semolato, miele o marmellata). 
Le quantità aggiunte sono state misurate indirettamente, pesando i vasetti prima e dopo l’aggiunta, e sono poi state convertite in quantità equivalenti di saccarosio. Ai volontari è stato poi chiesto di descrivere la loro fame, sete e preferenza per lo yogurt bianco e di stimare la quantità di dolcificante che avevano aggiunto. 
In media, i partecipanti hanno aggiunto 13,6 g di zucchero ai loro yogurt, quantità che è superiore ai 10,2 g di zucchero contenuti negli yogurt commerciali dolcificati (125 g). Più zucchero è stato aggiunto quando i soggetti hanno usato la marmellata (24,4 g/yogurt, n=36), rispetto allo zucchero semolato (11,0 g/yogurt, n=134) o miele (12,1 g/yogurt, n=29).
Età, estrazione sociale-professionale, e IMC hanno influenzato significativamente la quantità di zucchero aggiunta. Sulla base del loro comportamento e atteggiamento, i partecipanti allo studio potrebbero essere ripartiti in tre gruppi dimensionalmente uniformi: gli utilizzatori di poco zucchero (n=67, mediana=6,1g/yogurt), che tendevano a controllare la loro assunzione di cibo; gli utilizzatori di discrete quantità di zucchero (n=66, mediana=11.4 g/yogurt), e "amanti dello zucchero" (n=66, mediana=19,9g/yogurt). Secondo i ricercatori, questo è il primo studio a fornire dati affidabili sulla quantità di zucchero che i consumatori aggiungono agli yogurt bianchi in condizioni contestualizzate (auto preparazione alla fine di un vero e proprio pasto). 
I risultati mostrano che i consumatori sottovalutano della metà la quantità di dolcificante che essi stessi hanno aggiunto.
Bibliografia
How much sugar do consumers add to plain yogurts? Insights from a study examining French consumer behavior and self-reported habits, di Anne Saint-Eve, Hélène Leclercq, Sébastien Berthelo, Benjamin Saulnier, Walther Oettgen, Julien Delarue, Appetite, vol. 99, aprile 2016 (p. 277-284)

martedì 26 gennaio 2016

Torna CaseoArt



Per chi fosse interessato....



fonte http://www.lattenews.it/torna-caseoart/

Sabato 19 e domenica 20 marzo, il castello Bernabò Visconti di Pandino (CR) 
ospiterà la settima edizione di CaseoArt, il concorso organizzato da “Asso Casearia”, che incoronerà il formaggio più gustoso del nostro Paese fra le molteplici varietà presenti. Tante le novità di quest’anno, tra cui una mostra e un percorso sensoriale. 



Saranno circa 300 i formaggi in gara
 (le iscrizioni sono aperte fino al 20 febbraio su http://www.assocaseariapandino.it), 
tutti suddivisi in categorie e che comprendono quelli più conosciuti (Grana Padano,TaleggioBitto, Bagos ecc) e gli altri sperimentali, espressione delle diverse regioni italiane. 
Ciascuna con le sue peculiarità, in termini di condizioni geo-economiche, colture agricole, allevamenti e tecnologie utilizzate, ma proprio per questo in grado di determinare un prodotto unico e di qualità. Caratteristiche, proprie di un know how consolidato nel tempo, che saranno appunto valorizzate nell’ambito di CaseoArt, un concorso che culminerà nell’assegnazione del “Trofeo San Lucio” al formaggio ritenuto eccellente sul piano tattile, visivo e gustativo, ed al suo tecnico-casaro produttore. 
Nella giornata di sabato 19 avverrà la prima selezione dei prodotti in gara, affidata all’esperienza dei tecnici caseari e dei rappresentanti maestri assaggiatori dell’ONAF, l’Organizzazione nazionale assaggiatori di formaggi. Domenica 20 si terrà la proclamazione del vincitore (che sarà poi premiato il prossimo 1° maggio) da parte di una giuria qualificata. 
Domenica, all’interno del castello di Pandino, sarà inoltre possibile visitare una mostra di formaggi Dop del territorio, custoditi all’interno di particolari teche, e sarà organizzato per i più piccoli un percorso sensoriale alla scoperta dei formaggi.