sabato 25 gennaio 2014

Come effettuare una buona sanificazione in Caseificio

Salve a tutti,

a seguito di alcune vostre richieste di approfondimento, torno a trattare nel dettaglio l'argomento della "sanificazione in Caseificio".
Avevo già trattato tempo fa questo argomento in maniera più generica
http://lattecagliosale.blogspot.it/2012/03/pulizia-e-sanificazione-in-caseificio.html

Oggi entriamo più nel dettaglio dei principi fondamentali  della "sanificazione".



La sanificazione prevede tutti quei trattamenti di natura fisica e chimica che sono effettuati
allo scopo di ottenere una superficie
* pulita fisicamente= priva di sporco visibile,
* pulita chimicamente = priva di residui di sostanze utilizzate nel trattamento di lavaggio,
* biologicamente sotto-controllo = il numero e il tipo di microrganismi inizialmente presenti siano
   ridotti a un livello accettabile.

Una superficie può essere considerata pulita quando è priva di tracce di contaminanti, non è untuosa al tatto, è inodore, e quando strisciando un fazzoletto di carta bianco non annerisce!
Le operazioni di sanificazione in Caseificio, se condotte in modo appropriato, consentono di eliminare una
parte notevole di microrganismi le cui cellule e spore, al contrario in caso di pulizia inefficace, lasciamo invece le condizioni favorevoli alla loro sopravvivenza ed alla loro proliferazione.( caldo, umidità, sostanza organica).
Tuttavia la sola detersione non garantisce, per quanto scrupolosa, il completo allontanamento dei batteri indesiderati.

E' risaputo infatti che negli impianti ed attrezzature del caseificio è frequente trovare riscontro di formazione del cosiddetto "biofilm". In alcune tipologie di lavorazioni casearie artigianali, la presenza del "biofilm" (contenente particolari batteri lattici) è desiderata!
Nella lavorazione tradizionale di alcune tipologie di formaggio, la fermentazione del latte e l’acidificazione della cagliata è resa possibile dai batteri lattici presenti in associazione nei biofilm microbici presenti nelle pareti dei tini di lavorazione (in legno)



In altre situazioni ( attrezzatura plastica e/o inox) rappresenta invece  un problema di "contaminazione!


La formazione del biofilm è un processo lento, anche se può raggiungere lo spessore di qualche
millimetro in pochi giorni, a seconda della qualità della superficie dei materiali, della presenza di residui
proteici e dalla tipologia di microrganismi coinvolti.
Le cellule batteriche presenti nei biofilm evidenziano un’aumentata resistenza ai trattamenti antimicrobici        ( in particolare disinfettanti tipo sali d’ammonio quaternario e dei peracidi), attribuibile alla ridotta diffusione nella matrice dei principi attivi, alla produzione di enzimi degradanti e ai ridotti ritmi di sviluppo dei batteri
presenti negli strati più profondi.
Le microcolonie si espandono e si fondono tra loro formando uno strato di cellule che ricopre tutta la superficie. Se le superfici sono pulite e disinfettate regolarmente, il biofilm è inframmezzato da canali molto permeabili all’acqua; viceversa un’insufficiente trattamento determina una confluenza delle colonie fino a formare una vera e propria pellicola.

La capacità di sopravvivenza delle cellule microbiche che restano adese alle superfici dopo la detersione
e la possibilità che tali cellule proliferino e colonizzino l’impianto produttivo, rendono indispensabile
un trattamento complementare alla detersione per ridurre i microrganismi a livelli infinitesimali:
la disinfezione.

Un ottimo lavoro dove vengono esplicati e trattati i vari aspetti di una buona "Sanificazione nelle industrie alimentati", è stato pubblicato dal Dipartimento di Sanità pubblica del SS Regione Emilia Romagna ( Asl di Modena) da cui ho tratto alcuni spunti e schemi sull'argomento.

Chiariamo innanzitutto che  la sanificazione consta di due fasi in successione, 
1. detersione, ovvero allontanamento dello sporco, per sottrarre ai microrganismi il loro terreno di
sviluppo;
2. disinfezione, ovvero impiego di agenti fisici o di molecole in grado di uccidere i microrganismi.
Lo scopo della sanificazione è distruggere tutti i batteri patogeni eventualmente presenti e ridurre
al minimo la contaminazione batterica generica.
Un’efficace disinfezione presuppone sempre un’accurata detersione; solo in casi particolari e in ambienti poco sporchi, si possono associare detersione e disinfezione in un’unica fase utilizzando alcuni prodotti che lavano e disinfettano contemporaneamente ( es. alcalino-clorati)


DETERSIONE
La detersione fisica consiste nell'asportazione meccanica dei residui grossolani e nel risciacquo con
acqua tiepida immediatamente al termine del lavoro;
l’azione detergente è affidata allo sfregamento manuale e alla pressione dell’acqua.
Il detergente chimico è una sostanza che riduce l’energia meccanica richiesta dal processo di
detersione (minor fatica).


Generalmente un detergente è formato da tensioattivi (10-15 %) e prodotti complementari.
I Tensioattivi aumentano il potere bagnante dell’acqua (cioè la capacità di penetrazione del detergente nei punti altrimenti difficilmente accessibili e all'interno delle particelle di sudiciume) in modo da rimuovere
le particelle dalla superficie e portarle in sospensione.
I tensioattivi hanno diverse azioni :
azione bagnante = il solido sospeso è fortemente bagnato
azione emulsionante = le sostanze grasse non solubili sono emulsionate
azione detergente = diminuisce la tensione superficiale e la pellicola di sporco viene disaggregata in micelle.

Esistono varie tipologie di prodotti detergenti:


Detergenti acidi, 
composti da acido cloridrico, acido fosforico, acidi organici.
impiego: rimozione delle incrostazioni inorganiche dalle superfici.
Sono prodotti aggressivi e come tali usati con attenzione (mai su marmo, granito, pietre naturali, zinco,
stagno ). Da preferire sono sempre i prodotti contenenti acido fosforico e citrico con i quali si possono pulire anche le attrezzature in acciaio inox.

Detergenti neutri o debolmente alcalini
Agiscono sullo sporco pigmentario, agglomerato e grasso leggero.
impiego: lavaggi manuali o per necessità di applicazione su materiali  delicati che si corrodono facilmente.
(rame, alluminio ecc.)

Detergenti alcalini, 
composti da tensioattivi (anionici/non ionici), sequestranti/chelanti, alcali (prodotti sgrassanti), ossidanti
(cloro), solventi (prodotti senza risciacquo)
impiego: rimozione dello sporco organico, sono i detergenti più usati in ambito alimentare.

Detergenti caustici, 
composti da idrossido di sodio.(soda)
Impiego: disgregazione di sporco particolarmente ostinato (molto grasso e carbonizzato).

Non esiste un unico detergente universale che possa essere utilizzato per qualsiasi operazione di
lavaggio. E’ opportuno scegliere un detergente in rapporto 
 -alla tipologia dello sporco,
- alle caratteristiche della superficie da trattare
- alla durezza dell’acqua usata
- alla temperatura di lavaggio,
- alla tecnica di applicazione,

Fasi della detersione

1. asportazione meccanica dello sporco grossolano

2. risciacquo iniziale con acqua tiepida a temperatura attorno a 45°C per sciogliere i grassi e
favorirne il distacco, (mai superiore a 60°C per evitare di "cuocere" proteine, zuccheri o grassi,
rendendoli più tenacemente attaccati alle superfici da pulire).
3. applicazione del detergente: poiché la maggior parte dei residui alimentari (proteine e
grassi) non si sciolgono nell'acqua, per eliminarli completamente occorre impiegare un
detergente che stacchi lo sporco dalla superficie e ne permetta l'allontanamento con il
risciacquo successivo
4. risciacquo finale con acqua fredda,



Ricorda che:
prima di cominciare le pulizie tutti gli alimenti devono essere riposti in frigo o in deposito.
• al termine del ciclo di produzione la pulizia non va rinviata per più di un ora per evitare che lo
sporco si secchi e divenga più tenace e aderente.
le operazioni di pulizia devono procedere dall'alto al basso per concludersi con il pavimento
• occorre evitare di usare getti d'acqua ad alta pressione (pulivapor, idropulitrici) perché le
goccioline prodotte rimangono in sospensione nell'aria per lungo tempo (fino a 8 ore) e possono
reinquinare le superfici sanificate.
• le parti smontabili delle attrezzature vanno rimosse prima di essere pulite
la soluzione detergente deve essere preparata alla concentrazione consigliata dal produttore
(vedi etichetta o scheda tecnica), perché una soluzione troppo diluita è inefficace mentre una
troppo concentrata è inutile e può corrodere i metalli
la temperatura ottimale è circa 45-55°C, a temperature più basse i grassi non si sciolgono (l’acqua
tiepida al massimo arriva a 45°C dopodiché diventa ustionante per le mani). La temperatura indicata per il lavaggio dei serbatoi inox, pastorizzatori inox deve essere invece più alta, tra i +60 e i 75°C
il tempo di contatto è in genere di 5-20 minuti (vedi etichetta o scheda tecnica)
• può essere necessario associare un intervento meccanico di spazzolatura ("olio di gomito")
risciacquare bene! Se non si risciacqua, i residui di detergente possono inattivare il disinfettante che sarà applicato nella seconda fase e comunque il residuo di detersivo può alterare il sapore degli alimenti che si
andranno a produrre successivamente



DISINFEZIONE
La disinfezione  comporta la distruzione certa dei batteri patogeni (non sporigeni) e la riduzione accentuata della presenza dei batteri . Esistono due tipologie di disinfettanti: FISICI e CHIMICI

DISINFETTANTI FISICI

CALORE
Quando un microrganismo viene scaldato a una temperatura sufficientemente alta per un tempo
adeguato, viene ucciso.
La maggior parte delle specie microbiche è in grado di accrescersi in ambienti con temperature
prossime a 46°C. A temperature superiori, le cellule muoiono con velocità tanto maggiore quanto
più elevata è la temperatura dell’ambiente.
I Microrganismi termofili si accrescono solo a temperature superiori a 45°C e comunque fino a 60-
75°C. Per inattivare questo tipo di microrganismi, si debbono quindi raggiungere temperature
superiori.
Fiamma diretta: consiste nel lambire le superfici con una fiamma emessa da un flambatore portatile.
Calore secco: il calore secco è meno efficace di quello umido.
Calore umido:
Bollitura: bastano 2-3 minuti per eliminare le forme vegetative, mentre ne occorrono almeno 15 per
le spore.
Lavastoviglie: il ciclo asciugante è un’altra forma di calore umido che può essere usata per
disinfettare (non sterilizza).
Sterilizza-coltelli: l’immersione in acqua calda a 82°C per 2 minuti (o a temperature superiori per
tempi più brevi) consente la distruzione della maggior parte dei microrganismi.
Vapore: ha un maggior potere di penetrazione, tanto maggiore quanto più elevata è la
temperatura. In caseificio, per la sicurezza dell'operatore, risulta essere però molto pericoloso e può causare gravi infortuni all'operatore stesso.

DISINFETTANTI CHIMICI

I fattori che influenzano l’efficacia di un disinfettante chimico sono:

- durata dell’applicazione e temperatura della soluzione.
La temperatura influenza notevolmente l’effetto microbicida dei disinfettanti.
Generalmente esiste una relazione inversa tra temperatura, tempo di contatto e concentrazione del
principio attivo.
La durata del contatto fra prodotto e microrganismi non deve generalmente essere inferiore a 10 - 15'

- tipo e concentrazione del disinfettante



La concentrazione di alcuni disinfettanti (ad es. sali quaternari e biguanidi) NON può essere abbassata al

di sotto di certe soglie minime, anche se si decide di allungare a dismisura il tempo di applicazione.
C’è infatti il rischio di un trattamento inefficace e di favorire lo sviluppo di batteri meno sensibili (soprattutto psicrotrofi quali Pseudomonas).


- numero e tipo dei microrganismi.
La diversificazione naturale dei microrganismi genera una diversa sensibilità nei confronti dei
disinfettanti, al punto che questi sono suddivisi in virucidi, sporicidi, battericidi (G + e G -) e
fungicidi. Non esiste un disinfettante che sia in grado di agire efficacemente su tutte le classi


- natura della superficie e presenza di sporco.
La molecola attiva agisce solo se entra in contatto col patogeno; quindi i patogeni dislocati in
fessure, crepe delle piastelle, stretti pertugi di attrezzature, ben difficilmente vengono a contatto
con il disinfettante, a meno che questo non sia un prodotto molto "bagnante" .
Analogamente è molto difficile il contatto fra disinfettante (liquido o gassoso che sia) e patogeni
inglobati in  grasso, esporcizia.
La presenza sulla superficie di residui di materiale organico risulta essere la principale causa del
fallimento della disinfezione. L’effetto di inattivazione del disinfettante da parte dello sporco
organico è crescente dall’acido peracetico ai sali quaternari; nel caso del Cloro sono le componenti
proteiche dello sporco.



In definitiva il risultato di un buona SANIFICAZIONE dipende da diversi aspetti. 
Ogni fase della pulizia ha la sua fondamentale importanza.
A titolo di esempio è molto chiaro lo schema sotto riportato che vi può dare un idea di quello che 
succede ( o non succede se evitate una fase).


Allora meditate e...buon lavoro !

Alla prossima.